Pensare troppo: la gestione del pensiero per le persone ad alto potenziale

È una ricerca continua, l’analisi di tutto, un gorgogliare di pensieri, una mente che lavora a 100 km/h, un cervello che gira senza sosta a tutta velocità. È sempre pensare, pensare costantemente, passare il tempo a sezionare e cercare costantemente una soluzione migliore. È anche sentirsi invasi dai pensieri.

Perché mettiamo in discussione tutto tutto il tempo?

Finché non siamo convinti, sino a che non abbiamo tutti i dati alla nostra portata, o non abbiamo capito il significato di qualcosa, la ragione, il perché il come dell’altro da noi, continueremo a cercare di capire, scavare, argomentare… Al di là del senso e della giustizia, queste domande sono motivate dalla necessità, spesso inconscia, di dare spunti di riflessione al proprio cervello, che ama la complessità, oltre che da un bisogno di perfezionismo e di ricerca dell’assoluto, entrambi aspetti anche un po’ vanitosi del nostro essere e del nostro stare al mondo.

Che conseguenze può avere su di noi questa modalità?

Prima di tutto, avere il cervello costantemente in fermento è estenuante e può impedirti di dormire bene, o addirittura causare insonnia. Porsi costantemente domande ha anche l’effetto di farci girare in tondo. Finché mettiamo in discussione le cose, non prendiamo decisioni. Oppure non reggono nel tempo. E possiamo infatti facilmente disperderci nelle nostre scelte e ripensare a ciò che sarebbe giusto o sbagliato fare per noi stessi e per la nostra vita. Questa sensazione di girovagare tra i pensieri può renderti pessimista e stimolare idee cupe. Girare in tondo ci fa anche sentire in colpa per averlo fatto e genera dubbi su noi stessi e sulla nostra capacità di andare avanti nella vita. Non ci sentiamo all’altezza di ciò che ci si aspetta da noi, dalla società, dalla nostra famiglia, ecc. Mettere in discussione tutto può anche creare una mancanza di fiducia in se stessi, persino un vuoto di identità. A volte possiamo anche avere l’impressione che gli altri siano più intelligenti di noi, poiché potrebbe apparire che abbiano sempre le idee chiare e non rimuginino troppo sulle cose e tutto questo potrebbe contribuire a minare anche la nostra autostima. Questa modalità può inoltre creare incomprensioni con coloro che ci circondano. Possiamo quindi concludere che mettere sempre in discussione tutto rende instabile e insicura la realtà in cui viviamo. All’estremo, questo interrogatorio costante a cui sottoponiamo noi stessi può causare attacchi di ansia, persino attacchi di panico. Talvolta può anche incidere sulle relazioni affettive e renderle instabili: c’è infatti spesso l’abitudine di mettere in discussione l’altro, quanto se stessi… È difficile in queste condizioni andare avanti in una relazione e farla durare.

Il continuo interrogarsi quindi chiaramente non ti rende felice e sereno. Tuttavia, ha dei lati positivi.

Le domande facilitano la capacità di adattamento alle situazioni, la plasticità cerebrale e la resilienza, che sono sempre più importanti nella nostra società sempre più frenetica e in cui la vita può essere per molti estremamente faticosa. Voler trovare risposte alle incessanti domande che ci poniamo, ci spinge a cercare da soli, a leggere molto, sviluppa così la nostra capacità di apprendere e ci rende autodidatti e amanti di approfondimenti riguardo a tantissimi argomenti e spunti di riflessione nuovi. Interrogarsi significa anche mostrare autocritica e modestia. E verificare tutte le informazioni è segno di prudenza e maturità. Infine, è proprio questo interrogatorio che permette di fare scoperte, in tutti gli ambiti della ricerca.

“Il dotato non può staccare questo raggio laser che vive in lui, che funziona instancabilmente. Diventa più difficile sentirsi al sicuro, fidarsi, lasciarsi trasportare dalla vita. […] Quanto è più facile vivere quando non si individuano disfunzioni ambientali, quando non ci si ritrova a pensare, riflettere, su un problema banale, quando non ci si sente toccati da un’emozione a priori trascurabile! Tale lucidità indebolisce l’equilibrio della vita. Metti in discussione il senso della vita. Instancabilmente. Ma porta anche a continue domande perché nulla viene accettato incondizionatamente. Prima di considerare una situazione, un’abilità, una conoscenza, come valide e accettabili, il dotato l’avrà prima passata al setaccio della sua analisi.”

Jeanne Siaud-Facchin, Troppo intelligente per essere felice?

Sentirsi prigionieri del proprio meccanismo di funzionamento.

Le continue domande hanno una causa? Potrebbe anche averne diverse. Innanzitutto il funzionamento ad albero del cervello, quando si è identificati come persone ad alto potenziale o iper-sensibili, è un vero e proprio motore per creare domande e dubbi. Questo può spiegare la proliferazione di domande. A ciò si aggiunge la paura di sbagliare e quella di essere ingannati. E anche la paura quasi viscerale di dover mettere in discussione ciò in cui crediamo… che ci costringerebbe a tornare nei meandri insicuri della domanda.

Tutto questo potrebbe generare

  • un bisogno di (infinita) rassicurazione. L’interlocutore sarà in grado di spiegare e giustificare. Ci sarà sempre un “sì, ma…” che poi sorgerà nel nostro cervello
  • la necessità di controllare il nostro pensiero
  • l’intensità del gorgogliamento cerebrale

Più pensiamo a qualcosa, più siamo quasi certi di arrivare a un punto di assurdità, cioè qualcosa di vano o ridicolo. E ci siamo persi lungo la strada. Non sappiamo più perché abbiamo avviato questa riflessione. La consapevolezza di questa assurdità, che poi appare come un punto di arrivo quasi obbligato, alimenta il pessimismo e un certo fatalismo.

I discorsi infiniti

Tanto per capire quanto per rassicurarci, o anche solo per cercare di rimetterci in piedi, tenderemo ad impegnarci in discussioni interminabili… che spesso non saranno ben comprese dai nostri interlocutori, che poi ci rimprovereranno di non essere arrivati a qualcosa di veramente comprensibile o utile. Ma come ammettere una soluzione fallibile, un punto di vista imperfetto, una verità sfumata? Non ha senso ed è terribilmente insicuro! Questo atteggiamento può essere davvero problematico nei rapporti con un genitore, un insegnante o anche un superiore che prenderà questi scambi e le nostre domande per insubordinazione. Questo rifiuto più o meno esplicito dell’interlocutore provocherà frustrazione, desolazione, un sentimento di ingiustizia e la sensazione di non essere compreso, anche di essere rifiutato per quello che si è. L’incomprensione è anche reciproca, perché poi ci chiediamo come riescano i nostri interlocutori ad accontentarsi delle solite argomentazioni, appunto, non vedendo quello che vediamo e sentendo quello che sentiamo… e soprattutto, come fanno a non mettere in discussione tutto tutto il tempo come facciamo noi?

Infine, siamo fatti uguali? Siamo dello stesso mondo?

Quando il flusso di pensieri è così intenso, possiamo sentirci come risucchiati in essi. Per essere travolti da uno tsunami senza fine. Fino alle vertigini, fino al disagio. Come ho già detto, questo in alcune persone può provocare lampi di ansia o panico. Oppure, a volte, possiamo sentirci sovraccarichi e all’improvviso spegnere tutto, come se usassimo un interruttore. Tutto si blocca in se stesso: il pensiero, i sentimenti, lo sguardo, la coscienza… finché qualcuno o qualcosa non ci riporta alla realtà. Questo tipo di atteggiamento può essere difficile da capire da chi ci circonda e, tutto sommato, in alcuni casi anche da noi stessi. Ci spaventa “disconnetterci” in quel modo. Non controlliamo più nulla. E succede senza preavviso.

L’indebolimento dell’immagine di sé e l’impossibile serenità

L’interrogatorio costante funge anche da autocritica, che alla lunga mina l’autostima e la fiducia in se stessi: dal mettere in discussione la propria legittimità, credibilità e capacità di fare qualcosa, all’inerzia che genera e che è devastante per la fiducia in se stessi. Questa autocritica permanente spesso implica anche l’impressione di avere una voce fuori campo interiore che commenta in tempo reale tutto ciò che sta accadendo per te. Come visto sopra, generalmente non troviamo un interlocutore con cui condividere i nostri infiniti sfoghi. E con la sensazione di non avere alcun controllo sul flusso dei nostri pensieri, è solo un breve passo dal nostro cervello surriscaldato, l’idea che potremmo essere pazzi. Ci sentiamo intrappolati in questo meccanismo interiore. Cercheremo di dominarlo, distanziandoci dall’ansia che provoca, dalle nostre emozioni, creando una facciata rigida, fredda, persino arrogante alla nostra personalità sensibile… lontana dall’autenticità e dal piacere di vivere. Prendiamo grandi decisioni formali, anche pubbliche, per cercare di fermare il meccanismo dell’interrogatorio… invano! La prigione diventa allora sia interna che esterna, con lo sguardo degli altri, che vedono in noi una vera banderuola, instabile e inaffidabile, noiosa e immatura, persino disperata. Il nostro tentativo di riprendere il controllo può passare anche attraverso l’anticipazione: pianifichiamo tutto meticolosamente, per calmarci ed evitare immersioni nei nostri meandri, in cui ci sarebbero sempre nuovi interrogativi, rischiamo di creare nuove ansie, se un singhiozzo o un dubbio entra nella nostra organizzazione. E la nostra costante autocritica contribuisce anche a farci perdere il semplice fatto di goderci il momento presente.

E’ possibile uscire dall’interrogatorio permanente?

Sfortunatamente, non esiste una soluzione magica per smettere improvvisamente di mettere in discussione tutto, ma molte pratiche possono aiutarti. In generale, integrare le tue emozioni come supporto per il tuo pensiero e non come fattore di aumento della domanda, è la direzione da prendere e coltivare. Riconnettersi con il proprio corpo e le proprie emozioni, oltre a calmare il flusso mentale, consente di esprimere più ampiamente la propria autenticità, la propria vulnerabilità, a se stessi e a una vita di cui il piacere è parte integrante.

Le mie proposte

Riconosci il funzionamento da persona altamente sensibile o ad alto potenziale, accoglilo con gentilezza e sminuiscilo.

Cerca di trovare qualcuno che ti capisca o che lavori come te, in famiglia o tra amici, in gruppi sul talento o sull’ipersensibilità, con un professionista consapevole di questi argomenti.

Pratica la meditazione, ascoltando il silenzio.

C’è una meditazione che consiste nel partire dalla consapevolezza che abbiamo di noi stessi, del nostro corpo, poi piano piano della stanza in cui ci troviamo, della casa o appartamento che ci circonda, della città, della regione , della nazione, del continente, dell’emisfero, del pianeta, della Terra con la luna, dei pianeti che la circondano, del sistema solare, della galassia… respirando profondamente… per vedere da lì – su , la nostra dimensione microscopica… poi per fare il contrario. È una meditazione calmante per la mente e che ti permette di mettere le cose in prospettiva.

Fermati e senti il ​​tuo corpo: i tuoi punti di appoggio, le tue zone di tensione, il movimento del tuo respiro.

Prendi coscienza che il cambiamento implica cercare, creare e innovare: ti metti in azione, in movimento. Provi nuove attività.

Svolgi un’attività creativa, che ti permetta anche di calmare la mente (non appena smetti di ascoltare la tua autocritica interiore).

Impara cose nuove, per nutrire il tuo cervello e sviluppare nuove capacità, mentre sei consapevole che l’apprendimento implica perseveranza.

Impara a seguire quello che il tuo spirito ritiene di voler coltivare: soprattutto se sei un adulto, potrai muoverti in autonomia per dedicare del tempo a quello che senti veramente potrà permetterti di crescere nella direzione desiderata. Non sarà più sempre opportuno inseguire obiettivi di strade fissate da altri e percorsi già prestabiliti in cui le regole sono eccessivamente costrittive e ti lasciano poco spazio di autonomia e di creazione.

Parla il più spesso possibile con le persone che ami e che ti vogliono bene: amici, vecchi e nuovi, familiari, vicini e lontani.

Idee di lettura

“Penso troppo” di Christel Petitcollin

“Graffi e cancellature” di Chloé Romengas

“Troppo intelligente per essere felice? di Jeanne Siaud-Facchin

Se sei interessato a fare questo percorso con me, ho una grande esperienza che ho maturato in questo ambito e che metto a disposizione delle persone che lavorano con me. La mia curiosità in questa direzione è nata da una serie di vicissitudini personali che mi hanno poi portata a riflettere molto e a riversare tutto quello che avevo appreso, attraverso lo studio e l’approfondimento, anche in ambito professionale. Potrai quindi scegliere se procedere da solo, per sciogliere alcuni nodi del tuo passato e affacciarti alla tua vita futura, oppure puoi contattarmi per una prima sessione gratuita, durante la quale ti sarà possibile capire che cosa possiamo fare insieme.

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