Il tradimento in una relazione con un narcisista ha una funzione unica e perversa rispetto ad altre situazioni. Non si tratta semplicemente di cercare altrove ciò che manca nella relazione o di un’uscita dalla routine. Nel contesto narcisistico, il tradimento è una potente arma di controllo e manipolazione emotiva. In questo articolo, esploreremo le dinamiche del tradimento in tali relazioni e come le vittime possono riprendere il controllo della propria vita.
Il tradimento come ricatto emotivo
Una delle tattiche principali di un narcisista è utilizzare il tradimento come un ricatto emotivo. Questa minaccia è spesso usata per imporre la propria volontà sul partner. Il narcisista sfrutta la paura della perdita per mantenere il controllo. Se la vittima è isolata da familiari e amici, percepirà il narcisista come il solo punto di riferimento, aumentando la dipendenza emotiva, sessuale o economica. La costante minaccia di essere sostituiti porta il partner ad assumere un comportamento remissivo, cercando disperatamente di evitare l’inevitabile epilogo doloroso.
Il tradimento come atto punitivo
In una relazione narcisistica, il tradimento può anche essere usato come una punizione. Questo comportamento punitivo serve a scoraggiare qualsiasi azione del partner che sfugga al controllo del narcisista. Qualsiasi tentativo di autonomia viene immediatamente reprimuto attraverso atti di infedeltà, che sono finalizzati a far sentire il partner in colpa e a sottomettersi ulteriormente.
Il tradimento e il senso di colpa
Un’altra dimensione del tradimento narcisistico è la creazione di un senso di colpa nel partner. Il narcisista spesso incolpa la vittima per il proprio comportamento infedele: “Se non avessi fatto questo, non sarei andato con un’altra persona. È colpa tua.” Questo tipo di manipolazione induce il partner a mettere in discussione sé stesso, cercando difetti e colpe che possano aver incrinato la relazione apparentemente perfetta. Di conseguenza, la vittima tenta costantemente di migliorare, alzando di volta in volta la posta in gioco per compiacere il narcisista.
Il tradimento per risorse alternative
Il narcisista mantiene sempre delle riserve. Il tradimento serve anche a garantire che ci siano sempre altre fonti di approvvigionamento narcisistico. Questo è un modo per evitare un crollo narcisistico nel caso in cui la relazione principale termini. Il narcisista, quindi, non è mai senza risorse emotive, mantenendo sempre un backup per assicurarsi un rifornimento continuo di attenzione e adorazione.
Generare competizione
Il narcisista gode nel creare competizione tra le persone. Spacciare il tradimento come un segno di essere contesi serve a rafforzare il proprio ego e a sentirsi desiderato. Questa competizione non solo alimenta il narcisista ma anche aumenta il suo senso di potere e controllo sulle emozioni degli altri.
Oggettivazione delle persone
Le persone per il narcisista sono semplicemente oggetti. Questo si manifesta chiaramente nel modo in cui usano il tradimento. Le persone sono strumentalizzate non solo come risorsa ma come armi per offendere il partner. Questo evidenzia una completa mancanza di empatia e rispetto per l’altro come individuo con sentimenti e diritti.
Il dolore dell’inganno
Uno degli aspetti più dolorosi di una relazione con un narcisista è l’inganno. L’inganno non è solo un atto di tradimento ma una violazione della fiducia fondamentale. Mentre chi tradisce dovrebbe essere libero di andare via, ingannare significa trattenere l’altro nella relazione con menzogne. Questa situazione lascia la vittima in uno stato di inconsapevolezza, senza la libertà di fare altrettanto.
La scoperta dell’inganno
Scoprire l’inganno può essere devastante, ma è anche un momento di svolta. Solo attraverso la scoperta dell’inganno, la vittima può sperimentare il vuoto, la disperazione, elaborare la perdita, distaccarsi e muoversi verso nuovi orizzonti. L’inganno è una forma di prigionia emotiva, dove la volontà e la libertà dell’altro sono completamente annullate.
Le dinamiche psicologiche dell’inganno
L’inganno in una relazione narcisistica è guidato da diverse dinamiche psicologiche:
- Egoismo: L’inganno è un atto profondamente egoistico. Il narcisista vuole mantenere il vecchio e il nuovo, assicurandosi un approvvigionamento narcisistico costante.
- Attaccamento Patologico: L’inganno può essere una manifestazione di un attaccamento patologico, una dipendenza infantile e superficiale.
- Difesa dalla Ferita Narcisistica: Il narcisista teme la propria dimenticabilità e soppiantabilità, usando l’inganno per difendersi da queste paure.
- Dominio e Controllo: L’inganno è un mezzo per esercitare potere sull’esistenza altrui, annullando l’autodeterminazione dell’altro.
- Mancanza di Coraggio: Evitare il confronto è una caratteristica del narcisista, che preferisce l’inganno alla verità.
Conclusioni
Uscire da una relazione con un narcisista può essere un percorso difficile e doloroso, ma con il giusto supporto e le strategie adeguate, è possibile riprendere il controllo della propria vita. Il coaching offre strumenti pratici e motivazionali per aiutare le vittime a guarire, a sviluppare strategie di coping efficaci e a costruire una vita sana e soddisfacente.
Il supporto continuo di un coach è fondamentale per mantenere la motivazione e l’impegno verso il percorso di guarigione. Il coach fornirà incoraggiamento, feedback e responsabilità, aiutandoti a rimanere concentrato sugli obiettivi. Sapere che hai qualcuno al tuo fianco può fare una grande differenza nella tua determinazione.
Facilitazione dell’auto-scoperta
Il coaching facilita l’auto-scoperta, aiutandoti a esplorare le tue esperienze, emozioni e valori personali. Questo processo porta a una maggiore consapevolezza di sé e a una comprensione più profonda del proprio trauma. Scoprire chi sei veramente è un passo importante per costruire una vita più autentica e soddisfacente.
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Affrontare e Superare una Relazione con un Partner Evitante: 5 Esercizi di Self-Care
Le relazioni amorose sono come intricati balli, in cui ogni partner porta con sé un certo ritmo, una serie di movimenti appresi nel tempo. Ma cosa succede quando uno dei partner sembra fuggire ogni volta che cerchi di avvicinarti? C’è una verità che molti di noi imparano nel corso della vita: non tutte le relazioniContinua…
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Rudolf Steiner: i 6 esercizi
PRIMO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL PENSARE O GIUSTO PENSIERO La prima condizione consiste nel conquistare un pensiero perfettamente chiaro. A questo scopo bisogna liberarsi – almeno per un breve momento della giornata, anche per cinque minuti (ma più il tempo è lungo, meglio è) – dei pensieri che si muovono come fuochi fatui. Bisogna diventare padroni del mondo dei propri pensieri. Non se n’è padroni fin quando uncondizionamento esteriore (la professione, una tradizione qualsiasi, le condizioni sociali, il fatto stesso di appartenere a un certo popolo, il momento della giornata, certi gesti che noi compiamo) ci detta un determinato pensiero e il modo stesso di svolgerlo. Durante quel breve momento di cui si è detto, con una volontà del tutto libera, dobbiamo svuotare la nostra anima del corso abituale e quotidiano dei pensieri e – di nostra propria iniziativa – porre un pensiero al centro della nostra anima. Non è necessario credere che debba essere un pensiero eccezionale o di particolare interesse. Il risultato interiore che ci si propone di raggiungere si ottiene meglio se, all’inizio, ci si sforza di scegliere un pensiero anche non interessante e il più insignificante possibile. La forza dell’attività propria del pensare – che è ciò che importa – viene da ciò maggiormente stimolata, mentre un pensiero che è interessante trascina da sé il pensare. E’ preferibile eseguire questo esercizio di controllo dei pensieri concentrandosi su uno spillo piuttosto che su Napoleone. Ci si dice: “Parto ora da questo pensiero e di mia personale iniziativa gli associo tutto ci. che gli si può ricollegare obiettivamente”. Alla fine dell’esercizio quel pensiero deve permanere nell’anima altrettanto vivo e colorito che all’inizio. Bisogna eseguire questo esercizio ogni giorno, almeno per un mese. Si può ogni giorno scegliere un nuovo pensiero ma anche conservare lo stesso pensiero per diversi giorni. Alla fine di un esercizio di questo genere bisogna cercare di prendere pienamente coscienza del sentimento interiore di fermezza e sicurezza che la sottile attenzione portata alla nostra anima ci farà presto rilevare. Poi si terminal’esercizio immaginando la propria testa e la linea mediana della schiena, come se si volesse riversare questo sentimento in tali parti del corpo. SECONDO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL VOLERE O GIUSTA AZIONE Dopo essersi esercitati così per un mese circa, ci si ponga un ulteriore proposito. Si tenti di immaginare una qualsiasi azione, che secondo il corso abituale delle proprie occupazioni non ci si sarebbe certamente mai proposti di compiere. Di questa azione si faccia di per sé un dovere quotidiano. Come azione da eseguire sarà bene scegliersi un’azione che possa essere compiuta ogni giorno per una durata più lunga possibile. Anche qui è meglio cominciare con un’azione insignificante, che occorre, per così dire, sforzarsi di compiere: per esempio, ci si può proporre di andare ad innaffiare in un preciso momento del giorno una pianta che si èacquistata. Dopo un certo periodo, a questa prima azione se ne deve aggiungere una seconda, poi una terza, eccetera, sempre che il compimento di tutti gli altri doveri ne offri la possibilità. Anche quest’esercizio deve essere eseguito per un mese. Durante questo secondo mese, tuttavia, bisogna il più possibile perseverare nell’esecuzione del primo esercizio, pur non facendone un dovere quasi esclusivo come nel primo mese. Non bisogna perderlo di vista: altrimenti ci si accorgerebbe ben presto che i frutti del primo mese si sono persi e che è ricominciato il solito vagare dei pensieri non controllati. Una volta acquisiti questi frutti, bisogna pertanto badare a non perderli. Dopo aver fatto esperienza di una tale azione scelta di propria iniziativa e compiuta come secondo esercizio, si prenda coscienza, attraverso un’attenzione sottile, del sentimento di impulso interiore verso l’agire, destatosi nell’anima e lo si riversi, per così dire, nel proprio corpo in modo da farlo discendere o fluire dalla testa al cuore. TERZO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL SENTIRE, CHIAMATO ANCHE IMPERTURBABILITA’ O EQUANIMITA’ OVVERO GIUSTO SENTIMENTO Il nuovo esercizio che va posto al centro della vita durante il terzo mese è l’educazione a una certa equanimità di fronte alle oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza; la contrapposizione “esultanti di gioia e tristi fino alla morte” deve far posto, attraverso uno sforzo cosciente, a un’equanimità dell’anima. Si faccia attenzione al fatto che nessuna gioia cifaccia perdere la testa, che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio, eccetera. Non si tema, con questo esercizio, di far inaridire o impoverire l’anima; si noterà, al contrario, che grazie a questo esercizio, al posto di ciò che di solito si avverte sorgono qualità pure; soprattutto, attraverso un’attenzione sottile, si potrà scoprire in sé, nel proprio corpo, una condizione di calma interiore; si riversa questa calma nell’ organismo – come nei due casi precedenti – facendola irraggiare dal cuore verso le mani, i piedi e infine la testa. E’ evidente che, riguardo a quest’ultimo caso, non si può far ciò dopo ogni esercizio, perché non si tratta in fondo di un esercizio isolato, bensì di una attenzione costante diretta verso la vita interiore. Occorre però, almeno una volta al giorno, evocare dinanzi all’anima questa calma interiore ed esercitarsi a riversare, a far fluire questo sentimento dal cuore verso le mani, poi i piedi, infine la testa. Si continuerà a eseguire il primo e il secondo esercizio durante il terzo mese, come si è continuato il primo esercizio nel secondo mese. QUARTO ESERCIZIO: POSITIVITA’, CHIAMATA ANCHE TOLLERANZA O INDULGENZA OVVERO GIUSTO GIUDIZIO Nel quarto mese occorre seguire come nuovo esercizio quello chiamato “della positività”. Esso consiste nel ricercare costantemente in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che di buono, di bello, di eccellente vi è contenuto. Ciò che meglio definisce questa qualità dell’anima è una leggenda persiana sul Cristo Gesù. Camminava lungo una via con i suoi discepoli, quando videro sul ciglio della strada, il cadavere di un cane in uno stato già avanzato di decomposizione. Di fronte a quel raccapricciante spettacolo i discepoli volsero lo sguardo dall’altra parte; solo il Cristo si fermò, guardò il cane con aria pensosa e disse: “Che bei denti aveva questo animale!”. Dove gli altri avevano visto soltanto una realtà ripugnante e sgradevole, egli vedeva il bello. Così il discepolo dell’esoterismo deve sforzarsi di cercare in ogni fenomeno e in ogni essere ciò che vi è di positivo. Noterà ben presto che sotto la coltre della ripugnanza si nasconde una certa bellezza; che sotto le sembianze di un criminale si nasconde qualcosa di buono; sotto le sembianze di un pazzo si cela in qualche modo un’anima divina. Questo esercizio si accostaa ciò che si chiama “astenersi dalla critica”. Non bisogna interpretare ciò come se si dovesse denominare nero il bianco e bianco il nero. Ma c’è una differenza tra un giudizio che nasce soltanto dalla reazione personale o dall’impressione personale di simpatia o antipatia e una tutt’altra attitudine secondo la quale ci si immerge con amore nel fenomeno o nell’essere che ci è dinanzi, chiedendosi ogni volta:”Com’è giunto a essere ciò che è, a fare quel che ha fatto?”. Questa attitudine spinge, del tutto spontaneamente, a sforzarsi di aiutare ciò che è imperfetto, piuttosto che biasimarlo o criticarlo soltanto. E’ priva di valore l’obiezione che, in moltecircostanze della vita umana, è necessario biasimare e giudicare, perché inogni caso queste condizioni di vita sono tali da impedire di seguire una vera disciplina occulta. Esistono, in effetti, numerose condizioni di vita che non consentono di seguire correttamente questa disciplina. In questo caso non bisogna voler conseguire con impazienza, nonostante tutto, queiprogressi che si possono realizzare soltanto in certe condizioni. Chiunqueabbia rivolto per un intero mese la sua attenzione al lato positivo di tuttociò che incontra noterà a poco a poco che nella sua interiorità affiora un sentimento che gli dà l’impressione che la sua pelle divenga permeabile in tutte le direzioni e che la sua anima si apra vastamente a tutti quei fatti segreti e sottili che gli si svolgono attorno e che prima fuggivano del tutto alla sua attenzione. Si tratta proprio di combattere contro la mancanza di attenzione che esiste in tutti di fronte a questi fatti sottili. Una volta osservato che questo sentimento si manifesta nell’anima sotto forma di felicità, si cerchi di dirigere questo sentimento, come fosse un pensiero, verso il cuore, di farlo fluire di là verso gli occhi e da questi ultimi verso l’esterno, nello spazio di fronte a sé e attorno a sé. Si noterà che si acquista così un’intima relazione con lo spazio. Si va oltre se stessi, ci si dilata, per così dire. Si impara a considerare una parte del proprio ambiente come qualcosa che fa anche parte di se stessi. Questo esercizio richiede una buona dose di concentrazione e soprattutto il riconoscimento di un fatto: ogni moto passionale dell’anima, ogni tempesta emotiva, distrugge da cima a fondo questa attitudine dell’anima. Si ripetano gli esercizi già praticati come si è indicato per i mesi precedenti. QUINTO ESERCIZIO: SPREGIUDICATEZZA, CHIAMATA ANCHE APERTURA MENTALE, OBIETTIVITA’ O FIDUCIAContinua…
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