La mitologia greca è ricca di storie affascinanti e significative, che non solo intrattengono ma offrono anche lezioni profonde sulla natura umana. Tra queste, le storie di Nemesi, Eco e Narciso sono particolarmente rilevanti per comprendere le dinamiche delle relazioni con persone narcisiste. In questo articolo, esploreremo chi sono Nemesi ed Eco, le loro storie e caratteristiche, il loro rapporto con Narciso, e come le persone che incarnano questi archetipi possono uscire da relazioni tossiche con narcisisti, ritrovando la loro forza e indipendenza.
Chi è Eco?
Eco è una figura tragica della mitologia greca, nota per la sua bellezza e il suo destino doloroso. Secondo il mito, Eco era una ninfa molto loquace, amata dagli dei per la sua voce melodiosa. Tuttavia, la sua vita cambiò drasticamente quando fu punita da Era, la moglie di Zeus.
La storia di Eco
Era, sospettosa delle infedeltà del marito Zeus con le ninfe, decise di punire Eco. La sua punizione fu crudele: Eco perse la capacità di parlare autonomamente e fu condannata a ripetere solo le ultime parole che le venivano dette. Questo destino la isolò profondamente, privandola della sua identità e della sua capacità di comunicare liberamente.
La sua storia diventa ancora più tragica quando incontra Narciso, un giovane di straordinaria bellezza, di cui si innamora perdutamente. Tuttavia, Narciso, vanitoso e indifferente, respinge l’amore di Eco. Disperata e umiliata, Eco si ritira nelle caverne, dove il suo corpo si consuma fino a rimanere solo la sua voce, destinata a ripetere per sempre le parole degli altri.
Chi è Nemesi?
Nemesi, al contrario, è una dea della giustizia retributiva e della vendetta. Il suo ruolo nella mitologia greca è quello di mantenere l’equilibrio, punendo gli eccessi di orgoglio e arroganza. Nemesi rappresenta la forza inevitabile della giustizia che si abbatte su chi si comporta in modo ingiusto.
La storia di Nemesi
Nemesi è spesso raffigurata con una bilancia, simbolo di giustizia, e con le ali, a indicare la sua capacità di raggiungere chiunque, ovunque. In alcune versioni del mito di Narciso, è Nemesi che punisce il giovane per la sua vanità e indifferenza verso gli altri. Dopo aver visto come Narciso respingeva e umiliava chiunque osasse amarlo, Nemesi lo condanna a innamorarsi della propria immagine riflessa nell’acqua. Incapace di staccarsi dal proprio riflesso, Narciso si consuma fino a morire, trasformandosi nel fiore che porta il suo nome.
Il rapporto tra Nemesi, Eco e Narciso
Le storie di Eco e Nemesi sono strettamente legate a quella di Narciso, e insieme rappresentano una potente allegoria delle dinamiche narcisistiche.
- Eco e Narciso: La relazione tra Eco e Narciso è un esempio classico di una dinamica tossica. Eco, privata della sua voce e del suo potere, diventa una vittima ideale per un narcisista come Narciso, che è incapace di amare qualcun altro oltre se stesso. L’amore non corrisposto di Eco per Narciso illustra come le persone con bassa autostima o che sono state “zittite” emotivamente possono essere attratte da individui narcisisti.
- Nemesi e Narciso: Nemesi rappresenta la giustizia che inevitabilmente arriva per riequilibrare le ingiustizie causate da Narciso. La sua punizione per Narciso non è solo una vendetta, ma un modo per ristabilire l’ordine. Questo riflette l’idea che i narcisisti, alla fine, affrontano le conseguenze delle loro azioni, anche se può non sembrare immediato.
Uscire da una relazione con un narcisista: la prospettiva di Eco
Per una persona che si identifica con Eco, uscire da una relazione con un narcisista può essere estremamente difficile. Tuttavia, ci sono passi che possono aiutare a ritrovare la propria voce e forza.
- Riconoscere il problema: Il primo passo è riconoscere la natura tossica della relazione. Comprendere che non è colpa propria se il narcisista si comporta in modo manipolativo è fondamentale per iniziare il processo di guarigione.
- Ritrovare la propria voce: Come Eco ha perso la sua voce, le vittime di narcisisti spesso perdono il loro senso di sé. Parte del processo di guarigione consiste nel ritrovare la propria voce, esprimendo i propri sentimenti e bisogni senza paura di essere respinti o ignorati.
- Stabilire confini: È cruciale stabilire confini chiari e mantenerli. Questo può significare tagliare completamente i contatti con il narcisista e circondarsi di persone che offrono supporto genuino.
- Cercare supporto: Terapia e consulenza possono essere strumenti potenti per aiutare a superare il trauma emotivo. Parlare con un professionista può fornire le strategie necessarie per affrontare e superare le cicatrici lasciate da una relazione tossica.
- Coltivare l’autostima: Lavorare sulla propria autostima è essenziale. Attività che portano gioia e soddisfazione personale, come hobby, sport o progetti creativi, possono aiutare a ricostruire la fiducia in se stessi.
Uscire da una Relazione con un Narcisista: La Prospettiva di Nemesi
Per una persona che si identifica con Nemesi, il percorso di uscita da una relazione con un narcisista è diverso, ma altrettanto importante.
- Comprendere la giustizia: Nemesi rappresenta la giustizia e l’equilibrio. Riconoscere che si ha il diritto di essere trattati con rispetto e che le proprie esigenze sono valide è un passo cruciale.
- Canalizzare la rabbia positivamente: La rabbia può essere un’emozione potente se canalizzata positivamente. Usarla come motivazione per apportare cambiamenti positivi nella propria vita può trasformare il dolore in forza.
- Mantenere l’equilibrio: Lavorare per mantenere l’equilibrio nelle relazioni future è fondamentale. Questo significa non solo stabilire confini, ma anche assicurarsi che le relazioni siano basate su rispetto e reciprocità.
- Azione e cambiamento: Come Nemesi agisce per ristabilire l’ordine, le persone devono agire per creare cambiamenti positivi nella propria vita. Questo può significare fare scelte difficili, come allontanarsi da persone tossiche o situazioni dannose.
- Sviluppare la resilienza: La resilienza è la capacità di riprendersi dalle difficoltà. Coltivare la resilienza attraverso pratiche come la meditazione, la mindfulness e il supporto sociale può aiutare a superare il trauma di una relazione narcisistica.
Il ruolo del Love Coach
Come love coach, il mio ruolo è guidare e supportare le persone che stanno cercando di uscire da relazioni tossiche e ritrovare se stesse. Ecco come possiamo lavorare insieme per affrontare questi problemi:
- Sessioni di consulenza personalizzata: Offro sessioni di consulenza individuali in cui possiamo esplorare le esperienze passate, identificare i modelli tossici e sviluppare strategie per costruire relazioni sane.
- Tecniche di empowerment: Utilizzo una varietà di tecniche di empowerment per aiutare i miei clienti a ritrovare la loro voce e forza interiore. Questo include esercizi di autostima, tecniche di gestione del conflitto e strategie per stabilire confini sani.
- Supporto emotivo e psicologico: Fornisco un ambiente sicuro e di supporto dove i clienti possono esprimere le loro emozioni e lavorare attraverso il dolore e il trauma. Questo supporto è fondamentale per la guarigione e la crescita personale.
- Strumenti e risorse: Offro strumenti pratici e risorse per aiutare i clienti a navigare le sfide della loro vita amorosa. Questo include letture consigliate, esercizi pratici e tecniche di mindfulness.
- Piani di azione personalizzati: Lavoriamo insieme per creare piani di azione personalizzati che si adattino alle esigenze uniche di ogni cliente. Questi piani includono obiettivi a breve e lungo termine, strategie per affrontare le sfide quotidiane e misure per garantire il benessere emotivo.
Se vuoi fissare la tua prima sessione gratuita, conoscermi e capire in che modo possiamo lavorare insieme, contattami.
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Affrontare e Superare una Relazione con un Partner Evitante: 5 Esercizi di Self-Care
Le relazioni amorose sono come intricati balli, in cui ogni partner porta con sé un certo ritmo, una serie di movimenti appresi nel tempo. Ma cosa succede quando uno dei partner sembra fuggire ogni volta che cerchi di avvicinarti? C’è una verità che molti di noi imparano nel corso della vita: non tutte le relazioniContinua…
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Rudolf Steiner: i 6 esercizi
PRIMO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL PENSARE O GIUSTO PENSIERO La prima condizione consiste nel conquistare un pensiero perfettamente chiaro. A questo scopo bisogna liberarsi – almeno per un breve momento della giornata, anche per cinque minuti (ma più il tempo è lungo, meglio è) – dei pensieri che si muovono come fuochi fatui. Bisogna diventare padroni del mondo dei propri pensieri. Non se n’è padroni fin quando uncondizionamento esteriore (la professione, una tradizione qualsiasi, le condizioni sociali, il fatto stesso di appartenere a un certo popolo, il momento della giornata, certi gesti che noi compiamo) ci detta un determinato pensiero e il modo stesso di svolgerlo. Durante quel breve momento di cui si è detto, con una volontà del tutto libera, dobbiamo svuotare la nostra anima del corso abituale e quotidiano dei pensieri e – di nostra propria iniziativa – porre un pensiero al centro della nostra anima. Non è necessario credere che debba essere un pensiero eccezionale o di particolare interesse. Il risultato interiore che ci si propone di raggiungere si ottiene meglio se, all’inizio, ci si sforza di scegliere un pensiero anche non interessante e il più insignificante possibile. La forza dell’attività propria del pensare – che è ciò che importa – viene da ciò maggiormente stimolata, mentre un pensiero che è interessante trascina da sé il pensare. E’ preferibile eseguire questo esercizio di controllo dei pensieri concentrandosi su uno spillo piuttosto che su Napoleone. Ci si dice: “Parto ora da questo pensiero e di mia personale iniziativa gli associo tutto ci. che gli si può ricollegare obiettivamente”. Alla fine dell’esercizio quel pensiero deve permanere nell’anima altrettanto vivo e colorito che all’inizio. Bisogna eseguire questo esercizio ogni giorno, almeno per un mese. Si può ogni giorno scegliere un nuovo pensiero ma anche conservare lo stesso pensiero per diversi giorni. Alla fine di un esercizio di questo genere bisogna cercare di prendere pienamente coscienza del sentimento interiore di fermezza e sicurezza che la sottile attenzione portata alla nostra anima ci farà presto rilevare. Poi si terminal’esercizio immaginando la propria testa e la linea mediana della schiena, come se si volesse riversare questo sentimento in tali parti del corpo. SECONDO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL VOLERE O GIUSTA AZIONE Dopo essersi esercitati così per un mese circa, ci si ponga un ulteriore proposito. Si tenti di immaginare una qualsiasi azione, che secondo il corso abituale delle proprie occupazioni non ci si sarebbe certamente mai proposti di compiere. Di questa azione si faccia di per sé un dovere quotidiano. Come azione da eseguire sarà bene scegliersi un’azione che possa essere compiuta ogni giorno per una durata più lunga possibile. Anche qui è meglio cominciare con un’azione insignificante, che occorre, per così dire, sforzarsi di compiere: per esempio, ci si può proporre di andare ad innaffiare in un preciso momento del giorno una pianta che si èacquistata. Dopo un certo periodo, a questa prima azione se ne deve aggiungere una seconda, poi una terza, eccetera, sempre che il compimento di tutti gli altri doveri ne offri la possibilità. Anche quest’esercizio deve essere eseguito per un mese. Durante questo secondo mese, tuttavia, bisogna il più possibile perseverare nell’esecuzione del primo esercizio, pur non facendone un dovere quasi esclusivo come nel primo mese. Non bisogna perderlo di vista: altrimenti ci si accorgerebbe ben presto che i frutti del primo mese si sono persi e che è ricominciato il solito vagare dei pensieri non controllati. Una volta acquisiti questi frutti, bisogna pertanto badare a non perderli. Dopo aver fatto esperienza di una tale azione scelta di propria iniziativa e compiuta come secondo esercizio, si prenda coscienza, attraverso un’attenzione sottile, del sentimento di impulso interiore verso l’agire, destatosi nell’anima e lo si riversi, per così dire, nel proprio corpo in modo da farlo discendere o fluire dalla testa al cuore. TERZO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL SENTIRE, CHIAMATO ANCHE IMPERTURBABILITA’ O EQUANIMITA’ OVVERO GIUSTO SENTIMENTO Il nuovo esercizio che va posto al centro della vita durante il terzo mese è l’educazione a una certa equanimità di fronte alle oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza; la contrapposizione “esultanti di gioia e tristi fino alla morte” deve far posto, attraverso uno sforzo cosciente, a un’equanimità dell’anima. Si faccia attenzione al fatto che nessuna gioia cifaccia perdere la testa, che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio, eccetera. Non si tema, con questo esercizio, di far inaridire o impoverire l’anima; si noterà, al contrario, che grazie a questo esercizio, al posto di ciò che di solito si avverte sorgono qualità pure; soprattutto, attraverso un’attenzione sottile, si potrà scoprire in sé, nel proprio corpo, una condizione di calma interiore; si riversa questa calma nell’ organismo – come nei due casi precedenti – facendola irraggiare dal cuore verso le mani, i piedi e infine la testa. E’ evidente che, riguardo a quest’ultimo caso, non si può far ciò dopo ogni esercizio, perché non si tratta in fondo di un esercizio isolato, bensì di una attenzione costante diretta verso la vita interiore. Occorre però, almeno una volta al giorno, evocare dinanzi all’anima questa calma interiore ed esercitarsi a riversare, a far fluire questo sentimento dal cuore verso le mani, poi i piedi, infine la testa. Si continuerà a eseguire il primo e il secondo esercizio durante il terzo mese, come si è continuato il primo esercizio nel secondo mese. QUARTO ESERCIZIO: POSITIVITA’, CHIAMATA ANCHE TOLLERANZA O INDULGENZA OVVERO GIUSTO GIUDIZIO Nel quarto mese occorre seguire come nuovo esercizio quello chiamato “della positività”. Esso consiste nel ricercare costantemente in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che di buono, di bello, di eccellente vi è contenuto. Ciò che meglio definisce questa qualità dell’anima è una leggenda persiana sul Cristo Gesù. Camminava lungo una via con i suoi discepoli, quando videro sul ciglio della strada, il cadavere di un cane in uno stato già avanzato di decomposizione. Di fronte a quel raccapricciante spettacolo i discepoli volsero lo sguardo dall’altra parte; solo il Cristo si fermò, guardò il cane con aria pensosa e disse: “Che bei denti aveva questo animale!”. Dove gli altri avevano visto soltanto una realtà ripugnante e sgradevole, egli vedeva il bello. Così il discepolo dell’esoterismo deve sforzarsi di cercare in ogni fenomeno e in ogni essere ciò che vi è di positivo. Noterà ben presto che sotto la coltre della ripugnanza si nasconde una certa bellezza; che sotto le sembianze di un criminale si nasconde qualcosa di buono; sotto le sembianze di un pazzo si cela in qualche modo un’anima divina. Questo esercizio si accostaa ciò che si chiama “astenersi dalla critica”. Non bisogna interpretare ciò come se si dovesse denominare nero il bianco e bianco il nero. Ma c’è una differenza tra un giudizio che nasce soltanto dalla reazione personale o dall’impressione personale di simpatia o antipatia e una tutt’altra attitudine secondo la quale ci si immerge con amore nel fenomeno o nell’essere che ci è dinanzi, chiedendosi ogni volta:”Com’è giunto a essere ciò che è, a fare quel che ha fatto?”. Questa attitudine spinge, del tutto spontaneamente, a sforzarsi di aiutare ciò che è imperfetto, piuttosto che biasimarlo o criticarlo soltanto. E’ priva di valore l’obiezione che, in moltecircostanze della vita umana, è necessario biasimare e giudicare, perché inogni caso queste condizioni di vita sono tali da impedire di seguire una vera disciplina occulta. Esistono, in effetti, numerose condizioni di vita che non consentono di seguire correttamente questa disciplina. In questo caso non bisogna voler conseguire con impazienza, nonostante tutto, queiprogressi che si possono realizzare soltanto in certe condizioni. Chiunqueabbia rivolto per un intero mese la sua attenzione al lato positivo di tuttociò che incontra noterà a poco a poco che nella sua interiorità affiora un sentimento che gli dà l’impressione che la sua pelle divenga permeabile in tutte le direzioni e che la sua anima si apra vastamente a tutti quei fatti segreti e sottili che gli si svolgono attorno e che prima fuggivano del tutto alla sua attenzione. Si tratta proprio di combattere contro la mancanza di attenzione che esiste in tutti di fronte a questi fatti sottili. Una volta osservato che questo sentimento si manifesta nell’anima sotto forma di felicità, si cerchi di dirigere questo sentimento, come fosse un pensiero, verso il cuore, di farlo fluire di là verso gli occhi e da questi ultimi verso l’esterno, nello spazio di fronte a sé e attorno a sé. Si noterà che si acquista così un’intima relazione con lo spazio. Si va oltre se stessi, ci si dilata, per così dire. Si impara a considerare una parte del proprio ambiente come qualcosa che fa anche parte di se stessi. Questo esercizio richiede una buona dose di concentrazione e soprattutto il riconoscimento di un fatto: ogni moto passionale dell’anima, ogni tempesta emotiva, distrugge da cima a fondo questa attitudine dell’anima. Si ripetano gli esercizi già praticati come si è indicato per i mesi precedenti. QUINTO ESERCIZIO: SPREGIUDICATEZZA, CHIAMATA ANCHE APERTURA MENTALE, OBIETTIVITA’ O FIDUCIAContinua…
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