Riconoscere e affrontare l’abuso

Le relazioni amorose abusive sono caratterizzate da un disegno di comportamenti manipolativi, coercitivi e violenti da parte di uno dei partner verso l’altro. Questi comportamenti possono assumere forme diverse e possono essere sia fisici che emotivi, con conseguenze devastanti per la vittima.

Uno degli aspetti più insidiosi delle relazioni abusive è il loro graduale sviluppo nel tempo. Spesso iniziano con segnali sottili e manipolazioni psicologiche che possono passare inosservate o essere scambiate per segni di amore o preoccupazione da parte del partner abusante. Man mano che la relazione progredisce, l’abuso può intensificarsi, diventando sempre più evidente e dannoso.

I partner abusanti possono esercitare controllo su vari aspetti della vita della vittima, compresi i suoi movimenti, le sue relazioni sociali, le sue finanze e persino la sua autostima. Possono utilizzare minacce, intimidazioni, violenza fisica o sessuale per mantenere il potere e il controllo sulla vittima. Inoltre, possono manipolare emotivamente la vittima inducendola a credere di essere responsabile dell’abuso o convincendola che non merita di meglio.

Le relazioni abusive possono avere gravi conseguenze sulla salute mentale, emotiva e fisica della vittima. Le persone coinvolte in tali relazioni possono sperimentare ansia, depressione, bassa autostima, traumi psicologici e persino lesioni fisiche. In alcuni casi, l’abuso può portare alla morte della vittima per mano del partner abusante.

Nel suo rivoluzionario bestseller, Lundy Bancroft – un consulente specializzato nel lavoro con uomini violenti – utilizza la sua conoscenza su come pensano gli abusatori per aiutare le donne a riconoscere quando vengono controllate o deprezzate e a trovare modi per liberarsi da una relazione abusiva.

Lui ti dice di amarti. E allora… perché agisce così?

Ti sei posta questa domanda ancora e ancora. Ora hai la possibilità di guardare dentro le menti degli uomini arrabbiati e controllanti e cambiare la tua vita. In “Perché lo fa? Comprendere gli uomini violenti” c’è una descrizione precisa ed efficace che ti fa guardare a diversi punti in modo approfondito:

• I segnali precoci dell’abuso

• La natura del pensiero abusivo

• Miti sugli abusatori

• Dieci tipi di personalità abusive

• Il ruolo di droghe e alcol

• Cosa puoi risolvere e cosa no

• E come uscire da una relazione abusiva in modo sicuro

Ma quali sono i dieci tipi di personalità abusive descritti da Lundy Bancroft? Eccole elencate:

  1. Il Sfogatore – È colui che manifesta la sua rabbia attraverso esplosioni di violenza emotiva o fisica.
  2. Il Patriarca – Si comporta come il capo assoluto della famiglia, esercitando un controllo estremo e autoritario su tutti gli altri membri.
  3. Il Predatore – Usa il controllo e la manipolazione per ottenere ciò che vuole, spesso scegliendo bersagli vulnerabili da sfruttare.
  4. L’Attore Seducente – Si presenta come affascinante, gentile e premuroso all’inizio di una relazione, ma poi rivela un lato oscuro di abuso e manipolazione.
  5. Il Penitente – Dopo aver commesso un atto di violenza o abuso, cerca di redimersi promettendo di cambiare, ma continua a ripetere il ciclo di abuso.
  6. Il Tifoso – Si comporta in modo aggressivo e minaccioso, spesso giustificando il suo comportamento con l’idea che sia normale o giusto in determinate situazioni.
  7. Il Narcisista – Ha un bisogno costante di attenzione e ammirazione, manipolando gli altri per ottenere gratificazione e soddisfare il proprio ego.
  8. L’Inseguibile – Mostra un comportamento evasivo e instabile, rendendo difficile per il partner prevedere le sue azioni o soddisfare le sue aspettative.
  9. Il Giudicante – Condanna e critica costantemente il partner, minando la sua autostima e inducendolo a sentirsi inadeguato.
  10. Il Sottomesso – Si mostra dipendente e servile nei confronti del partner abusivo, accettando passivamente il suo comportamento violento o controllante.

Questi sono solo alcuni dei modi in cui un individuo può manifestare comportamenti abusivi all’interno di una relazione. Riconoscere questi modelli è fondamentale per proteggersi e uscire da una situazione di abuso e soprattutto riconoscere che si ha accanto una persona con queste caratteristiche è fondamentale.

Per approfondire ulteriormente, consideriamo le opinioni di altri autori autorevoli su questo argomento:

  1. Patricia Evans – Evans è un’autrice e terapeuta riconosciuta per il suo lavoro sui rapporti abusivi. Il suo libro “The Verbally Abusive Relationship: How to Recognize It and How to Respond” fornisce una comprensione approfondita dell’abuso verbale e delle dinamiche relazionali disfunzionali.
  2. Gavin de Becker – De Becker è uno specialista nella sicurezza personale e autore di “The Gift of Fear: Survival Signals That Protect Us from Violence”, un libro che esplora i segnali di pericolo nelle relazioni e offre consigli su come proteggersi da individui pericolosi.
  3. Leslie Morgan Steiner – Steiner è autrice di “Crazy Love”, un memoir che racconta la sua esperienza di essere stata vittima di violenza domestica. Il suo lavoro offre un’intima prospettiva sull’abuso e ispira altri a riconoscere e affrontare le relazioni abusive.

È importante riconoscere i segni di una relazione amorosa abusiva e cercare aiuto. Ci sono risorse disponibili, come centri antiviolenza, linee di supporto e terapisti specializzati, che possono offrire sostegno, consulenza e assistenza per sfuggire a una relazione dannosa e ricostruire una vita sicura e sana.

Se ti trovi in una relazione abusiva e hai bisogno di supporto, contattami per la prima sessione gratuita con me.

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    PRIMO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL PENSARE O GIUSTO PENSIERO La prima condizione consiste nel conquistare un pensiero perfettamente chiaro. A questo scopo bisogna liberarsi – almeno per un breve momento della giornata, anche per cinque minuti (ma più il tempo è lungo, meglio è) – dei pensieri che si muovono come fuochi fatui. Bisogna diventare padroni del mondo dei propri pensieri. Non se n’è padroni fin quando uncondizionamento esteriore (la professione, una tradizione qualsiasi, le condizioni sociali, il fatto stesso di appartenere a un certo popolo, il momento della giornata, certi gesti che noi compiamo) ci detta un determinato pensiero e il modo stesso di svolgerlo. Durante quel breve momento di cui si è detto, con una volontà del tutto libera, dobbiamo svuotare la nostra anima del corso abituale e quotidiano dei pensieri e – di nostra propria iniziativa – porre un pensiero al centro della nostra anima. Non è necessario credere che debba essere un pensiero eccezionale o di particolare interesse. Il risultato interiore che ci si propone di raggiungere si ottiene meglio se, all’inizio, ci si sforza di scegliere un pensiero anche non interessante e il più insignificante possibile. La forza dell’attività propria del pensare – che è ciò che importa – viene da ciò maggiormente stimolata, mentre un pensiero che è interessante trascina da sé il pensare. E’ preferibile eseguire questo esercizio di controllo dei pensieri concentrandosi su uno spillo piuttosto che su Napoleone. Ci si dice: “Parto ora da questo pensiero e di mia personale iniziativa gli associo tutto ci. che gli si può ricollegare obiettivamente”. Alla fine dell’esercizio quel pensiero deve permanere nell’anima altrettanto vivo e colorito che all’inizio. Bisogna eseguire questo esercizio ogni giorno, almeno per un mese. Si può ogni giorno scegliere un nuovo pensiero ma anche conservare lo stesso pensiero per diversi giorni. Alla fine di un esercizio di questo genere bisogna cercare di prendere pienamente coscienza del sentimento interiore di fermezza e sicurezza che la sottile attenzione portata alla nostra anima ci farà presto rilevare. Poi si terminal’esercizio immaginando la propria testa e la linea mediana della schiena, come se si volesse riversare questo sentimento in tali parti del corpo. SECONDO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL VOLERE O GIUSTA AZIONE Dopo essersi esercitati così per un mese circa, ci si ponga un ulteriore proposito. Si tenti di immaginare una qualsiasi azione, che secondo il corso abituale delle proprie occupazioni non ci si sarebbe certamente mai proposti di compiere. Di questa azione si faccia di per sé un dovere quotidiano. Come azione da eseguire sarà bene scegliersi un’azione che possa essere compiuta ogni giorno per una durata più lunga possibile. Anche qui è meglio cominciare con un’azione insignificante, che occorre, per così dire, sforzarsi di compiere: per esempio, ci si può proporre di andare ad innaffiare in un preciso momento del giorno una pianta che si èacquistata. Dopo un certo periodo, a questa prima azione se ne deve aggiungere una seconda, poi una terza, eccetera, sempre che il compimento di tutti gli altri doveri ne offri la possibilità. Anche quest’esercizio deve essere eseguito per un mese. Durante questo secondo mese, tuttavia, bisogna il più possibile perseverare nell’esecuzione del primo esercizio, pur non facendone un dovere quasi esclusivo come nel primo mese. Non bisogna perderlo di vista: altrimenti ci si accorgerebbe ben presto che i frutti del primo mese si sono persi e che è ricominciato il solito vagare dei pensieri non controllati. Una volta acquisiti questi frutti, bisogna pertanto badare a non perderli. Dopo aver fatto esperienza di una tale azione scelta di propria iniziativa e compiuta come secondo esercizio, si prenda coscienza, attraverso un’attenzione sottile, del sentimento di impulso interiore verso l’agire, destatosi nell’anima e lo si riversi, per così dire, nel proprio corpo in modo da farlo discendere o fluire dalla testa al cuore. TERZO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL SENTIRE, CHIAMATO ANCHE IMPERTURBABILITA’ O EQUANIMITA’ OVVERO GIUSTO SENTIMENTO Il nuovo esercizio che va posto al centro della vita durante il terzo mese è l’educazione a una certa equanimità di fronte alle oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza; la contrapposizione “esultanti di gioia e tristi fino alla morte” deve far posto, attraverso uno sforzo cosciente, a un’equanimità dell’anima. Si faccia attenzione al fatto che nessuna gioia cifaccia perdere la testa, che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio, eccetera. Non si tema, con questo esercizio, di far inaridire o impoverire l’anima; si noterà, al contrario, che grazie a questo esercizio, al posto di ciò che di solito si avverte sorgono qualità pure; soprattutto, attraverso un’attenzione sottile, si potrà scoprire in sé, nel proprio corpo, una condizione di calma interiore; si riversa questa calma nell’ organismo – come nei due casi precedenti – facendola irraggiare dal cuore verso le mani, i piedi e infine la testa. E’ evidente che, riguardo a quest’ultimo caso, non si può far ciò dopo ogni esercizio, perché non si tratta in fondo di un esercizio isolato, bensì di una attenzione costante diretta verso la vita interiore. Occorre però, almeno una volta al giorno, evocare dinanzi all’anima questa calma interiore ed esercitarsi a riversare, a far fluire questo sentimento dal cuore verso le mani, poi i piedi, infine la testa. Si continuerà a eseguire il primo e il secondo esercizio durante il terzo mese, come si è continuato il primo esercizio nel secondo mese. QUARTO ESERCIZIO: POSITIVITA’, CHIAMATA ANCHE TOLLERANZA O INDULGENZA OVVERO GIUSTO GIUDIZIO Nel quarto mese occorre seguire come nuovo esercizio quello chiamato “della positività”. Esso consiste nel ricercare costantemente in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che di buono, di bello, di eccellente vi è contenuto. Ciò che meglio definisce questa qualità dell’anima è una leggenda persiana sul Cristo Gesù. Camminava lungo una via con i suoi discepoli, quando videro sul ciglio della strada, il cadavere di un cane in uno stato già avanzato di decomposizione. Di fronte a quel raccapricciante spettacolo i discepoli volsero lo sguardo dall’altra parte; solo il Cristo si fermò, guardò il cane con aria pensosa e disse: “Che bei denti aveva questo animale!”. Dove gli altri avevano visto soltanto una realtà ripugnante e sgradevole, egli vedeva il bello. Così il discepolo dell’esoterismo deve sforzarsi di cercare in ogni fenomeno e in ogni essere ciò che vi è di positivo. Noterà ben presto che sotto la coltre della ripugnanza si nasconde una certa bellezza; che sotto le sembianze di un criminale si nasconde qualcosa di buono; sotto le sembianze di un pazzo si cela in qualche modo un’anima divina. Questo esercizio si accostaa ciò che si chiama “astenersi dalla critica”. Non bisogna interpretare ciò come se si dovesse denominare nero il bianco e bianco il nero. Ma c’è una differenza tra un giudizio che nasce soltanto dalla reazione personale o dall’impressione personale di simpatia o antipatia e una tutt’altra attitudine secondo la quale ci si immerge con amore nel fenomeno o nell’essere che ci è dinanzi, chiedendosi ogni volta:”Com’è giunto a essere ciò che è, a fare quel che ha fatto?”. Questa attitudine spinge, del tutto spontaneamente, a sforzarsi di aiutare ciò che è imperfetto, piuttosto che biasimarlo o criticarlo soltanto. E’ priva di valore l’obiezione che, in moltecircostanze della vita umana, è necessario biasimare e giudicare, perché inogni caso queste condizioni di vita sono tali da impedire di seguire una vera disciplina occulta. Esistono, in effetti, numerose condizioni di vita che non consentono di seguire correttamente questa disciplina. In questo caso non bisogna voler conseguire con impazienza, nonostante tutto, queiprogressi che si possono realizzare soltanto in certe condizioni. Chiunqueabbia rivolto per un intero mese la sua attenzione al lato positivo di tuttociò che incontra noterà a poco a poco che nella sua interiorità affiora un sentimento che gli dà l’impressione che la sua pelle divenga permeabile in tutte le direzioni e che la sua anima si apra vastamente a tutti quei fatti segreti e sottili che gli si svolgono attorno e che prima fuggivano del tutto alla sua attenzione. Si tratta proprio di combattere contro la mancanza di attenzione che esiste in tutti di fronte a questi fatti sottili. Una volta osservato che questo sentimento si manifesta nell’anima sotto forma di felicità, si cerchi di dirigere questo sentimento, come fosse un pensiero, verso il cuore, di farlo fluire di là verso gli occhi e da questi ultimi verso l’esterno, nello spazio di fronte a sé e attorno a sé. Si noterà che si acquista così un’intima relazione con lo spazio. Si va oltre se stessi, ci si dilata, per così dire. Si impara a considerare una parte del proprio ambiente come qualcosa che fa anche parte di se stessi. Questo esercizio richiede una buona dose di concentrazione e soprattutto il riconoscimento di un fatto: ogni moto passionale dell’anima, ogni tempesta emotiva, distrugge da cima a fondo questa attitudine dell’anima. Si ripetano gli esercizi già praticati come si è indicato per i mesi precedenti. QUINTO ESERCIZIO: SPREGIUDICATEZZA, CHIAMATA ANCHE APERTURA MENTALE, OBIETTIVITA’ O FIDUCIAContinua…

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