Gli esercizi di Massimo Scaligero (parte 2)

I CINQUE ESERCIZI: LA VIA DEI NUOVI TEMPI

I c.d. “cinque esercizi” (concentrazione, azione pura, equanimità, positività, spregiudicatezza) vennero compiutamente illustrati da Rudolf Steiner nel capitolo V di “La Scienza Occulta”, una delle Sue opera fondamentali. Tali esercizi vennero ulteriormente perfezionati da Massimo Scaligero che ne diede una sintetica descrizione nell’opuscolo “La Via dei Nuovi Tempi”. Relativamente all’esercizio di Concentrazione questo è quanto Scaligero scrive nel summenzionato opuscolo.

CONCENTRAZIONE — Consiste nel riattivare le forze originarie della coscienza. mediante la convergenza volitiva del pensiero su un unico tema. Si rivolge il pensiero ad un determinato oggetto, il più semplice possibile: si pone questo al centro dell’attenzione cosciente,richiamando altri pensieri che abbiano un nesso logico con esso. La semplicità dell’oggetto, o del tema, è richiesta dal senso pratico dell’esercizio: che tende a potenziare, piuttosto che la coscienza dell ‘oggetto, la forza-pensiero messa in atto mediante esso. L’ esercizio conduce all’esperienza del potenziale sintetico del pensiero, indipendente dal significato dell’oggetto. E’ importante, per la riuscita di esso, l’illimitata attenzione, ossia l’evitare qualsiasi distrazione riguardo al tema che deve permanere al centro della coscienza almeno 5 minuti. In seguito, questo tempo può essere aumentato, allorché si noterà un beneficio generale della vita interiore e di quella corporea, in conseguenza dell’esercizio. E’ importante che questo sia compiuto senza sforzo cerebrale, ma solo per intensificato moto di pensiero.

LA CONCENTRAZIONE IN QUATTRO FASI

La tecnica di seguito descritta mi venne trasmessa da Scaligero stesso e veniva normalmente praticata durante le riunioni rituali del gruppo in cui fui accolto giovanissimo: tale gruppo era costituito da sette persone, cinque delle quali erano state, in gioventù, discepoli di Giovanni Colazza. Tutti i membri di tale gruppo sono morti, tranne me.
Ho iniziato a seguire tale tecnica da adolescente e non l’ ho mai abbandonata: anche durante gli incontri privati con Massimo effettuavamo una Concentrazione comune con tali modalità.

Fase Uno (preparatoria) : Rilasciamento-Silenzio
Il meditante assume la c.d. “posizione del Faraone”: seduto con la schiena dritta, le mani poggiate a piatto sulle ginocchia, il capo lievemente inclinato, gli occhi chiusi o semichiusi, la lingua appoggiata sulla parte superiore del palato.Il meditante inizia dunque a prendere coscienza del respiro,ovvero si limita ad osservare, a prendere coscienza, del respiro,ovvero dell’aria che entra ed esce dalle narici. Quindi, iniziando dal capo, egli immagina che tutti i suoi muscoli siano rilassati e distesi. Il meditante immagina di sottrarre ogni forza dai suoi muscoli, dall’alto (capo) verso il basso, fino a giungere ai piedi.Per rafforzare tale processo egli può utilizzare l’immagine di un blocco di ghiaccio che posto su una stufa arroventata si scioglie in acqua. Quindi egli dice a se stesso: “tutti i miei muscoli sono distesi.Io sono completamente disteso, io sono calmo, disteso, profondamente in me.Tutto in me è calma, pace infinita.Io sono libero, sono calmo.” Il meditante percepirà in tal modo uno stato di profonda quiete corporea ed animica e tale sensazione di quiete potrà essere ulteriormente rafforzata con alcune immagini plastiche e viventi:
calma, come in una tomba lontana, profonda, abbandonata
calma, come sul fondo di un trasparente lago alpino
calma, come in una notte siderea calma, come in una città addormentata e deserta in un caldo e assolato pomeriggio estivo.Questa tecnica è descritta in “UR” vol. I 1927 nell’articolo a firma “ARVO” alias il duca Giovanni Colonna di Cesarò, discepolo diretto di Rudolf Steiner .E’ un errore grossolano attribuire a Julius Evola l’eteronimo di Arvo,come ha sostenuto un “contestatore in servizio permanente effettivo”della nostra attività di divulgazione, atteso che costui in Ur si firmava “EA” e “IAGLA”: lo stesso professor Renato Del Ponte, il massimo biografo di Evola nella sua opera “Evola e il magico gruppo di Ur”, ed. Sear, Bozano, conferma che “Arvo” era il duca Giovanni Colonna di Cesarò.
Massimo suggeriva di ricorrere a questa fase preparatoria allo scopo di sgomberare la mente dalle impressioni, emozioni, sentimenti, etc. della giornata. Tale fase preparatoria diventa ASSOLUTAMENTE indispensabile nel caso di incontri rituali.

Fase Due: Concentrazione
Il meditante concentra tutta la propria attenzione su un oggetto piccolo e costruito dall’uomo come ad esempio, uno spillo, una matita, un bottone,un cucchiaio,etc. L’oggetto deve essere NON simultaneamente percepito ma ESCLUSIVAMENTE evocato. Esso deve rimanere al centro della coscienza del meditante per almeno 5 minuti. Si considerino tutte le proprietà, caratteristiche,etc. dell’oggetto evocato: il peso, le dimensioni, il colore, il materiale da cui è costituito, l’uso che ne viene fatto, etc.La funzione dell’esercizio è quello di consentire al meditante la ricostruzione del pensiero sintetico originario,attraverso le diverse rappresentazioni che si verificano nell’esercizio di concentrazione dell’oggetto. Ogni pensiero estraneo all’oggetto, ogni altra immagine che dovesse sorgere, deve essere con decisione allontanata, riprendendo ad effettuare la concentrazione sull’oggetto.

Fase Tre: Concentrazione Profonda
ll meditante consegue la sintesi finale dell’esercizio di concentrazione che gli starà davanti obbiettivamente. Si tratta, in realtà, di vedere davanti a se un “quid” che simboleggia la Forza- Pensiero evocata dal meditante cogliendo così e di conseguenza percependolo, il Pensiero nell’atto precedente, pre-dialettico, al suo formarsi. Tale “quid”, tale “segno-simbolo” può essere utilmente rappresentato da un punto luminoso localizzato internamente, all’altezza della radice del naso, nel punto in cui le sopracciglia si avvicinano tra loro. A tale immagine va simultaneamente evocata la sensazione interiore di FERMEZZA. Quindi da tale punto luminoso si diparte una corrente luminosa che percorre la colonna vertebrale arrestandosi a livello del coccige: a tale immagine va accompagnata la sensazione interiore di SICUREZZA.Il meditante mantiene la contemplazione del segno-simbolo in uno stato di purità silenziosa: purità che simboleggia l’assoluta indipendenza dell’Io dall’anima.

Fase Quattro: Silenzio Mentale
La Forza-Pensiero viene contemplata dal meditante nella sua immobile unità. Egli percepisce il senso di verticalità di tale Forza-Pensiero e perciò egli percepirà anche il senso di verticalità dell’Io.L’Io del meditante, identificandosi con la Forza-Pensiero si identificherà con il proprio originario silenzio generando il silenzio mentale. Tale silenzio è un silenzio radicale, ove ogni cosa viene portata ad uno stato di assoluta quiete fino a quando il meditante sentirà risuonare in se il silenzio originario dell’universo: oltre il discepolo sperimenterà quello che le antiche scuole zen definivano con il termine di “vuoto”.

ALCUNE NOTAZIONI
Da quando ho iniziato ad occuparmi degli altri (cioè da diversi anni) e non solo del mio personale sviluppo spirituale ho sempre insegnato a coloro che mi hanno scelto come loro orientatore a fare l’esercizio in questo modo. Ovviamente non ho certamente la pretesa di proporre una sorta di “esclusività”o di “ortodossia” di metodo: esistono indubbiamente altre modalità per effettuarla; suggerirei di valutare i risultati che tali modalità hanno prodotto. Questo modo di praticare la Concentrazione sortisce due risultati piuttosto immediati: 1) consente all’operatore di entrare REALMENTE in contatto con la propria organizzazione dell’Io e perciò con lo Spirito di cui molti parlano ma che pochi veramente sperimentano e di entrare direttamente in contatto con il mondo eterico.
2) Demolisce la dialettica e l’auto-compiacimento animale, perciò fa perdere la voglia di sprecare il proprio tempo in vuote ed inutili chiacchiere.

Le fasi tre e quattro da me esposte sono descritte da Massimo Scaligero in “Manuale Pratico della Meditazione” nei relative paragrafi intitolati rispettivamente: “Concentrazione Profonda” e “Silenzio Mentale”.

Abbiamo già avuto modo di spiegare che sia Scaligero che Mimma Scabelloni (e ovviamente lo stesso Steiner) insistevano sull’importanza di eseguire TUTTI gli esercizi. Il motivo di ciò è ben sintetizzato dalla seguente affermazione di Mimma Scabelloni a margine di un incontro avvenuto pochi mesi prima della Sua morte terrena,occorsa nel novembre del 1990 : ” se il pensiero viene sviluppato a discapito del sentire, se si potenzia unicamente lo spirito e si lascia indietro l’anima si verranno a determinare delle pericolose unilateralità: fare soltanto concentrazione dimenticando gli altri esercizi è un gravissimo errore e sia Massimo che Colazza lo hanno spesso fatto presente. Bisogna inoltre ricordare che il Dottor Steiner nel capitolo V di “La Scienza Occulta” pone tutti gli esercizi sullo stesso piano di importanza”. Queste furono le parole pronunciate da Mimma. A tagliare la testa al toro, relativamente al fatto che i quattro esercizi di cui parleremo fra poco siano tutt’ altro che “esercizi accessori “come alcuni amici erroneamente ritengono ma che vadano viceversa considerati ” sine ullo dubio” come “esercizi fondamentali” assieme alla concentrazione, provvede Rudolf Steiner che nei quaderni della Scuola Esoterica indica le seguenti corrispondenze: concentrazione = liberazione del pensare, azione pura= liberazione del volere, equanimita’ = liberazione del sentire, positività = liberazione del giudizio, spregiudicatezza = liberazione della memoria. Appare chiaro anche ad un esoterista alle prime armi come il liberare il pensare SENZA liberare REALMENTE volere, sentire, giudizio e memoria equivalga ad un autentico suicidio spirituale! Daremo dunque alcuni consigli sul come effettuare al meglio tali esercizi basandoci sui suggerimenti a suo tempo ricevuti da Massimo e da Mimma: utilizzeremo, come per il precedente esercizio , l’opuscolo che Scaligero donava ai suoi discepoli “La Via dei Nuovi Tempi” come traccia indicando il nostro commento, per distinguerlo dal testo di Massimo, con il nostro nome iniziatico ovvero “Apis”

2 — AZIONE PURA —
E’ l’esercizio che dinamizza direttamente la volontà, attuando la ascesi dell’agire per l’agire. Consiste nell’imporre a se stessi doveri quotidiani di poca nessuna importanza, per es. spostare una sedia, spolverare un mobile, predeterminandone il momento. anche 24 ore prima. I moventi ordinari delle azioni scaturiscono per lo più dalle relazioni sociali, dall’educazione, dalla professione, ecc. raramente da iniziativa pura. Si deve trovare nella giornata un minimo di tempo, pochi secondi, per compiere azioni volute di propria iniziativa. In quanto insignificanti, esse conseguono un fine più profondo che le significanti:sollecitano direttamente il potenziale della volontà.
Apis. Fermo restando quanto Massimo afferma si può, tranquillamente, se gravati da numerosi impegni quotidiani, “programmare” l’esercizio di azione pura subito dopo aver compiuto l’esercizio di concentrazione. Esempio: se abitualmente io faccio concentrazione la sera (o la mattina) intorno ad una determinata ora posso ,dopo aver compiuto l’esercizio ,ripromettermi che il giorno successivo, subito dopo aver effettuato la concentrazione, compirò un gesto inutile, ovvero di nessuna importanza come alzarmi, spostare in avanti la sedia e poi sedermi di nuovo,oppure aprire e chiudere il cinturino dell’orologio, slacciarmi e riallacciarmi una scarpa,etc. Ciò è più eseguibile rispetto al classico “spolverare un mobile alle ore 16” perchè se, per fare un esempio a noi vicino, alle 16 mi telefonerà un paziente in preda ad una crisi di panico io il mobile non potrò spolverarlo!

3 — EQUANIMITA’ —
Consiste nel servirsi delle emozioni, per un intervento della volontà cosciente: questa, sia pure per attimi, sospende la reazione istintiva dovuta all’emozione. Si tratta di evitare all ‘anima la continua oscillazione tra il tripudio e l’abbattimento. Chi crede che la propria spontaneità emotiva o il proprio sentimento artistico ne abbiano a soffrire, ignora la potenza interiore che consegue dal chiaro equilibrio del sentimento.
Dapprima non è possibile evitare gli intensi stati d’animo, quando sopraggiungono, ma è possibile esercitarsi a sospenderne per attimi la travolgenza, ritrovando al centro se stessi: indi lasciarli esprimere secondo la loro necessità. Tale minimo controllo, con il tempo, conduce a una positiva autonomia rispetto ad essi: dà modo di assumere la loro forza senza esserne travolti. Si può dire di possedere l’equanimità, quando si giunge a sentire come propri i dolori e le gioie degli altri, e come di altri i propri dolori, le proprie gioie.
Apis Come nel caso dei due successivi esercizi (positività, spregiudicatezza) la miglior maniera di compiere l’esercizio di equanimità è quella di eseguirlo quando le condizioni lo richiedano.Avviene un determinato evento e l’operatore si sforza di sospendere la propria reazione istintiva di rabbia, di dolore, di paura,etc. Possiamo però nella nostra “sessione quotidiana” degli esercizi, dopo aver effettuato i primi due, richiamare alla memoria un evento che ha destato in noi vivaci reazioni emotive. Guardiamo noi stessi e quell’evento, come se guardassimo un film, come se quell’episodio non ci riguardasse, realizzando che la parte profonda del nostro essere non ha in realtà nulla a che vedere con il nostro passato coinvolgimento emotivo.


4 — POSITIVITA’—
Per mezzo di questa qualità si giunge a vedere il bello e il buono degli esseri e delle cose, in quanto si prescinde dagli aspetti negativi. Lo spirito di tale attitudine può essere lumeggiato da una leggenda persiana del Cristo: il Cristo vide un giorno un cane morto abbandonato per la via.
Egli si fermò a contemplarlo, i discepoli che erano con Lui, invece, si scostarono presi da ribrezzo. Ciò vedendo, il Cristo esclamò: Che bei denti aveva questo animale! Persino in quella carogna, Egli sapeva trovare il bello. Se, secondo tale spirito, si orienta l’anima, si scorgerà in ogni cosa, o essere, la qualità positiva, il meglio, proprio quando ciò riesce difficile. Tale attitudine esercita una potente azione formatrice sull’anima e sul corpo, in quanto il buono e il bello di un essere sono la sua realtà:con la quale la nostra realtà entra in un accordo di profondità.
Apis. In totale analogia a quanto abbiamo suggerito relativamente all’esercizio precedente anche in questo caso possiamo operare nel silenzio della nostra sessione quotidiana degli esercizi valutando un passato (o presente) episodio che ha avuto per noi una valenza negativa. Consideriamo però come da quell’episodio, apparentemente negativo, siano potute sorgere per noi esperienze importanti per la nostra crescita interiore e perciò come alla fine quell’evento apparentemente negativo si sia invece rivelato positivo per noi.


5 — SPREGIUDICATEZZA —
Proseguendo nella disciplina, il discepolo si educa a non fondare il proprio giudizio esclusivamente sul passato. Deve poter trascurare, in talune circostanze, ciò che ha acquisito con l’esperienza: aprirsi senza pregiudizi a nuove esperienze o ad un diverso giudizio riguardo a cose già interpretate. Egli si esercita a tale attitudine coscientemente.Se, per es., qualcuno gli dice che il campanile del Duomo veduto poc’anzi, si è spostato di 45°, non deve dire sùbito che ciò non è possibile: egli deve sempre sapersi riservare uno spiraglio aperto alla novità. Chi rimane ancorato a giudizi definitivi. immobilizza la propria anima.Non vi è giudizio umano che, rispetto all’evoluzione dell’uomo, possa considerarsi definitivo. Il cercatore deve poter essere ricettivo verso l’inaspettato: altrimenti si chiude alla verità, ossia a ciò che è oltre il limite
dell’ordinario conoscere. Occorre rendersi indipendenti dai giudizi già formati, per poter accogliere l’ignoto. Grazie a tale attitudine, il corpo fisico e l’anima vengono trasportati a uno stato di superiore luminosità.
Apis. Dopo aver effettuato i precedenti quattro esercizi esaminiamo un’ affermazione, una tesi, un’opinione con la quale non siamo concordi. Sospendiamo interiormente il giudizio ed apriamoci alla possibilità che magari siano le NOSTRE opinioni ad essere errate e che le persone che secondo noi sbagliano abbiano in realtà ragione. Per un attimo convinciamoci di ciò.
P.s. relativamente a quest’ultimo esercizio gli eventi della “pandemia da covid 19” e le solenni stupidaggini che ultimamente ho avuto modo di leggere in alcuni gruppi Facebook, siti, blog di aspirazione “antroposofica”mi hanno fornito una tale quantità di materiale che mi basterà per tutto il tempo che dovrò ancora trascorrere in questa valle di lacrime!

ESERCIZI PER SUPERARE LE CONTRADDIZIONI INTERIORI

La realtà è sempre una contraddizione in divenire continuo e si evolve nella realizzazione della tesi-antitesi sintesi e non può essere spiegata da una logica astratta che fissa una volta per tutte il bene e il male, il bello e il brutto, la verità e la menzogna; essendo la realtà una contraddizione in evoluzione anche gli esercizi contengono delle contraddizioni da superare.

  1. Il pensiero obiettivo trasforma la distrazione in sicurezza e deve superare le contraddizioni delle fissazioni.
  2. L’azione libera trasforma la mancanza di volontà in attività e deve superare le contraddizioni dell’attivismo.
  3. L’equanimità trasforma i complessi in calma interiore e deve superare le contraddizioni dell’insensibilità.
  4. La positività trasforma gli schemi mentali in nuove amicizie e deve risolvere le contraddizioni dell’ipocrisia.
  5. La spregiudicatezza trasforma l’attaccamento al passato in ricettività e deve superare le contraddizioni dell’illogicità.
  6. L’osservazione esatta trasforma il non ricordare in memoria e deve risolvere le contraddizioni dell’attaccamento al passato.
  7. La percezione degli archetipi trasforma l’astratta dialettica in creatività e deve superare le contraddizioni della fantasticheria.
  8. L’equilibrio interiore trasforma la scontentezza in armonia e deve superare le contraddizioni interiori prima di poter agire sulla realtà esteriore.

Le contraddizioni interiori vengono superate dagli esercizi prima di poter agire sulla realtà esteriore.

CONCENTRAZIONE PROFONDA
(M.Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

L’immagine di sintesi che si ottiene alla fine della concentrazione deve starci dinanzi obiettivamente; non ha importanza quale forma rivesta,o che non abbia alcuna forma.
Non ci si deve preoccupare di dover vedere qualcosa con una determinata forma,ma bensì di vedere dinanzi a sé un quid che simboleggi la sintesi-pensiero. Tale quid può anche essere un nulla e tuttavia esserci. Esso deve apparire come una sorta di formula matematica,arida e obiettiva.

Tale quid deve venire contemplato con calma,decisione e sottile volontà,escludendo da sé qualsiasi moto di sentimento,emozione e passione.
Il divenire capaci di contemplare l’immagine-sintesi con purità silenziosa rappresenta sperimentare la liberazione dell’Io dall’anima,l’inizio della sua autonomia dal corpo astrale.

L’obiettivo è il divenir capaci di sviluppare attenzione pensante al di fuori dell’organismo dal quale ci si è sinora animicamente identificati. Occorre praticare una netta distinzione fra l’essere in noi che pensa e l’essere che in noi sente. Il secondo deve tacere.

Di fatti il sentire, per sua forza, ricongiunge la coscienza con la corporeità, paralizzando le forze dell’anima.

L’esercizio di concentrazione si conclude con una pratica importantissima e fondamentale; dopo aver oggettivato il pensiero-sintesi,occorre porre il sentimento di fermezza e sicurezza generatosi,nella zona fra le sopracciglia,nel centro frontale interno; si deve poi portarlo in linea retta verso la nuca,per poi farlo discendere lungo l’asse della spina dorsale,sino all’ultima vertebra.

E’ il sentimento che deve discendere,quale forza liberatoria dell’Io,non l’oggetto della concentrazione: quest’ultimo è servito soltanto per la generazione di tale sentimento.

ESERCIZIO DI POTENZA DI DISTRAZIONE
(M.Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

E’ la facoltà di sottrarsi a un pensiero o ad uno stato d’animo invadente.
Tale facoltà si educa esercitandosi a passare di colpo da un decorso di pensieri da cui si sia particolarmente presi,a un altro per il quale non si abbia alcun interesse,sforzandosi sino al punto di lasciarsene prendere.

(Parola chiave: “lasciamo perdere”)

L’esercizio consiste nell’immergersi in un pensiero,in un ricordo o in un sentimento attraente,sino ad una fase controllabile,per poi di colpo abbandonarlo per dedicarsi ad un pensiero o un sentimento meno attraente,nel quale poi sprofondare donando sé stessi.

L’esercizio di distrazione volitiva libera momentaneamente l’anima da Ahrimane e Lucifero.

Esso rappresenta la catarsi delle forze che si producono mediante la concentrazione.
E’ utile anche immaginarsi una situazione che abbia prodotto un forte stato d’animo, vietandosi il sentimento corrispondente; contrapponendo uno stato di assoluta imperturbabilità.
Allo stesso modo è bene anche esercitasi a considerare situazioni e stati d’animo sperimentati da altri,come se fossero nostri,e i propri come se riguardassero altri.

LA MEDITAZIONE
(Massimo Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

Essa distingue dalla concentrazione per il fatto che quest’ultima prende in esame un tema o un oggetto indipendentemente dall’importanza del suo significato, solo quale sintesi di pensiero; nella meditazione invece, il contenuto spirituale di un ente deve avere molta importanza spirituale,tanto da suscitare un’immagine per forza propria.

Nella meditazione si deve sciegliere un contenuto attingendolo dalla Scienza dello spirito o dalla Saggezza tradizionale: una frase,un’immagine,un simbolo; esso deve esser capace di risonare per forza propria nell’anima.

Es: “l’oro terrestre è la traccia minerale del Sole.” Oppure. “nella Luce vive Saggezza” o ancora:“nel fluire del mio pensiero sento il Dio che opera nell’universo”.

Non si deve analizzare il rapporto dei concetti contenuti nella frase,bensì si deve assumere l’immaginequale direttamente si dà nelle parole: accogliere l’immediato risonare di queste nell’anima. Le tre forze dell’anima verrano richiamate automaticamente da tali contenuti.
Meditare è alimentare con le proprie forze, per un dato tempo,la permanenza del sentimento corrispondente che sorge dalla contemplazione di un ente o di un’immagine simbolica.Occorre lasciar vivere nell’anima tali sentimenti,e qualora tendano a spegnersi,a smorzarsi,il discepolo deve rinnovarli continuamente, cercando di farli risorgere in sé mantenendoli alcuni minuti nella coscienza, così da impregnarne l’anima.

Preparatoriamente giova dedicarsi ad oggetti la cui natura dia modo di separare il contenuto interiore dalla sensazione: cristalli,metalli,piante,fiori,acqua,cielo,il rapporto di luce fra una pianta e lo sfondo del cielo,ecc.

Occorre contemplare l’oggetto con il massimo dell’attenzione e il massimo Silenzio,sino a conseguire un’ assoluta immobilità; dinanzi alla creazione della natura,l’immobilità trapassa spontaneamente nella quiete profonda: è la quiete della Potenza del pensiero Universo che si manifesta nelle forme eterico-fisico.
La forma dell’ente contemplato viene riconosciuto dal discepolo come un segno,un simbolo immaginativo tramite il quale si estrinseca una specifica corrente creatrice della Natura: le potenze soprasensibili che operano immanentemente in quella forma.

IMMAGINAZIONE
(Massimo Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

La facoltà immaginativa si educa:

col lasciar agire su di sé, in uno stato di immobilità contemplativa, le immagini, i quadri della storia cosmica dell’uomo, descritta dalla Scienza dello Spirito;
attraverso la contemplazione (Percepire Puro) della natura minerale o vegetale;
costruendo un’immagine secondo un determinato contenuto spirituale e contemplandola; (vedi meditazione della Rosacroce)
con l’immaginare un colore, astraendolo dal supporto sensibile mediante cui normalmente si manifesta, in modo da contemplarne il contenuto non sensibile; ( per es. si può immaginare l’accostamento di due colori, come il rosso e l’azzurro, e percepirne il rapporto sottile, che deve sorgere vivente.

Deve essere ben chiaro che in tutti tali esercizi lo scopo primo è di suscitare forti sentimenti corrispondenti: è tramite la forza di questi sentimenti che si apre il varco allo Spirituale.

TECNICA PER CALMARSI INTERIORMENTE

“IL POTERE DELLA CROCE”
( Massimo Scaligero: Manuale pratico della meditazione)

In caso di situazioni difficili,di ansia o di panico,è utile far agire la potenza della Croce, in tal modo: il discepolo raccoglie le energie cercando di non opporsi alla forza ostacolatrice che si si contrappone; cerca di sciogliere la tensione delle spalle e della schiena,evocando nel punto fra le scapole l’incrocio delle due correnti.
Dall’alto in basso,immagina lo scendere della corrente Solare,che s’incontra con l’orizzontale corrente Lunare in un punto dietro la schiena,fra le due scapole.

Tanto più egli lascia agire,mediante immobilità e donazione nella sede mediana o ritmica,le correnti della Croce,tanto più egli accoglie la virtù guatitrice,divenendo portatore della calma.

L’incontro della Forza assiale del Logos è il Potere della Croce.

Le fonti di questa ulteriore raccolta di esercizi, che segue il primo articolo, sono plurime e variegate. Alcune sono le seguenti:

Ecoantroposophia

Ekatlos

L’archetipo

Marina Giusti