Tutti desideriamo una famiglia amorevole. È un bisogno umano fondamentale, un desiderio radicato nel nostro essere. Tuttavia, non tutte le famiglie sono fonte di amore e supporto. Alcune famiglie, purtroppo, sono tossiche e infliggono abusi psicologici, scoraggiando qualsiasi forma di individualità o cambiamento. Questo articolo esplora le dinamiche delle famiglie tossiche, le difficoltà di separarsi da esse, e il percorso di guarigione necessario per costruire una vita sana e indipendente.
La dinamica delle famiglie tossiche
In una famiglia tossica, c’è un’unica modalità di interazione: la conformità. Questi sistemi familiari sono chiusi al cambiamento, alle idee diverse, e alle modalità di pensiero flessibili. La tolleranza verso queste interazioni spesso si trasforma in accondiscendenza agli abusi, opponendosi direttamente allo sviluppo sano dell’individualità, della libertà, dell’amore e della felicità che tutti meritiamo.
Il paradigma del groupthinking
Le famiglie tossiche spesso operano secondo il paradigma del “groupthinking”, un modo di pensare e prendere decisioni che scoraggia la creatività, l’indipendenza, e la responsabilità individuale. Questo sistema funziona perché è sostenuto da molti membri della famiglia, rendendo difficile per un individuo ribellarsi o sfuggire all’intimidazione collettiva. Fin dall’infanzia, i membri della famiglia vengono educati a conformarsi a questi metodi intimidatori, creando un ciclo difficile da rompere.
Il dilemma della conformità familiare
Rimanere connessi a un sistema familiare che scoraggia l’individualità e la responsabilità personale non può portare una persona a conoscere e accogliere sé stessa completamente. In questo contesto, il desiderio di sviluppare autostima e comprendere il proprio valore personale diventa irraggiungibile, poiché il sistema familiare tossico impedisce qualsiasi forma di separazione e crescita individuale.
Il bisogno di auto-realizzazione
L’allontanamento da una dinamica familiare abusante è un passo fondamentale per la guarigione. Le risorse disponibili raramente suggeriscono una rottura drastica dei legami familiari. Sebbene molte risorse aiutino a identificare e comprendere la tossicità familiare, poche danno il permesso necessario per prendersi cura di sé stessi in modo completo. Continuare a tollerare gli abusi, anche a un livello minimo, significa continuare a subirne gli effetti, impedendo una crescita sana e autonoma.
La necessità di rompere i legami
Rompere i legami con una famiglia tossica può sembrare una decisione estrema, ma per molti è l’unica via verso la guarigione. Mantenere un legame con una famiglia psicologicamente abusante può significare continuare a vivere come una versione repressa e impaurita di sé stessi. Il pensiero di affrontare l’ignoto e di vivere la vita completamente soli può essere cupo e terrificante, ma è un passo necessario per liberarsi dalle grinfie della tossicità familiare.
Il coraggio di guarire
Affrontare questa sfida senza punti di riferimento chiari può sembrare difficile. Tuttavia, comprendere che altre persone non possono guarire le nostre ferite fondamentali è un passo cruciale. Siamo noi, in ultima analisi, a dover interrompere i legami con i membri della nostra famiglia per poter crescere e trovare la nostra individualità.
Ragioni per rompere i legami con una famiglia tossica
Le ragioni per rompere i legami con una famiglia tossica sono molteplici e spesso complesse. Alcune delle motivazioni più comuni includono:
- Abuso emotivo e manipolazione: Riscrivere la storia, gaslighting, mentire, campagne diffamatorie, proiezione, triangolazione, biasimo, vergogna, e love-bombing.
- Abuso finanziario: Controllo delle risorse economiche per manipolare e dominare.
- Abuso fisico e sessuale: Violenza fisica o abusi sessuali perpetrati da membri della famiglia.
- Addiction e trascuratezza: Comportamenti di dipendenza e mancanza di cura nei confronti dei membri vulnerabili della famiglia.
- Valori differenti o conflittuali: Differenze nei valori e nei principi fondamentali che rendono impossibile una convivenza armoniosa.
- Confini scarsi: Mancanza di rispetto per i confini personali e invasione costante della privacy.
- Generale mancanza di rispetto: Mancanza di lealtà, onestà e rispetto reciproco.
- Pettegolezzi e ostracismo: Campagne di pettegolezzi e ostracismo che isolano e danneggiano l’individuo.
La validazione della propria esperienza
Riconoscere queste ragioni e capire che non siamo soli nelle nostre esperienze è fondamentale. Rompere i legami con una famiglia tossica può essere estremamente difficile, ma sapere che altri hanno fatto lo stesso percorso può offrire un grande sollievo e incoraggiamento.
Stabilire confini di non-contatto
Stabilire confini di non-contatto è un passo cruciale nel processo di guarigione. Questo può includere:
- Comunicazione chiara: Informare i membri della famiglia della decisione di interrompere i contatti e spiegare le ragioni dietro questa scelta.
- Mantenere la distanza: Evitare incontri e comunicazioni non necessarie.
- Protezione delle proprie emozioni: Evitare situazioni che possono riattivare traumi o abusi emotivi.
La sfida dell’azione
Agire per stabilire questi confini può essere emotivamente carico di paura e ansia. Tuttavia, è un passo necessario per proteggere la propria salute mentale e fisica.
Caratteristiche delle persone tossiche
Le persone tossiche possono essere descritte da una serie di tratti comuni, tra cui:
- Ricerca costante di attenzione: Sentirsi a disagio se non sono al centro dell’attenzione.
- Emozioni mutevoli: Mostrare emozioni rapidamente mutevoli e comportamenti teatrali.
- Eccessiva preoccupazione per l’aspetto: Essere ossessionati dall’aspetto fisico e dalla percezione degli altri.
- Sensibilità alle critiche: Essere estremamente sensibili alle critiche e alla disapprovazione.
- Comportamenti avventati: Prendere decisioni avventate senza considerare le conseguenze.
Comprendere il narcisismo
Alcuni membri della famiglia tossica possono mostrare tratti narcisistici, come la convinzione di essere superiori, il monopolizzare le conversazioni, e l’approfittare degli altri. Questi comportamenti possono rendere ancora più difficile la convivenza e la necessità di stabilire confini chiari diventa ancora più urgente.
Conclusioni
Rompere i legami con una famiglia tossica è una decisione difficile ma necessaria per molte persone. È un percorso che richiede coraggio, determinazione e un profondo desiderio di guarigione e crescita personale. Riconoscere e validare le proprie esperienze, stabilire confini di non-contatto, e comprendere le caratteristiche delle persone tossiche sono passi cruciali in questo processo. Se stai affrontando una situazione simile, sappi che non sei solo e che è possibile trovare la via verso una vita sana e indipendente. Rivolgersi a un coach esperto o a un terapeuta può offrire il supporto necessario per navigare questo difficile ma liberatorio percorso.
Se desideri esplorare ulteriormente questo argomento e ricevere supporto personalizzato, non esitare a contattarmi in modo che io possa guidarti nel tuo percorso di crescita personale.
Per approfondire l’argomento, puoi leggere il libro “Come sopravvivere a relazioni familiari tossiche. Per imparare ad affrontare le critiche e a superare la vergogna dopo che i legami sono stati interrotti” di Sherrie Campbell
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Rudolf Steiner: i 6 esercizi
PRIMO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL PENSARE O GIUSTO PENSIERO La prima condizione consiste nel conquistare un pensiero perfettamente chiaro. A questo scopo bisogna liberarsi – almeno per un breve momento della giornata, anche per cinque minuti (ma più il tempo è lungo, meglio è) – dei pensieri che si muovono come fuochi fatui. Bisogna diventare padroni del mondo dei propri pensieri. Non se n’è padroni fin quando uncondizionamento esteriore (la professione, una tradizione qualsiasi, le condizioni sociali, il fatto stesso di appartenere a un certo popolo, il momento della giornata, certi gesti che noi compiamo) ci detta un determinato pensiero e il modo stesso di svolgerlo. Durante quel breve momento di cui si è detto, con una volontà del tutto libera, dobbiamo svuotare la nostra anima del corso abituale e quotidiano dei pensieri e – di nostra propria iniziativa – porre un pensiero al centro della nostra anima. Non è necessario credere che debba essere un pensiero eccezionale o di particolare interesse. Il risultato interiore che ci si propone di raggiungere si ottiene meglio se, all’inizio, ci si sforza di scegliere un pensiero anche non interessante e il più insignificante possibile. La forza dell’attività propria del pensare – che è ciò che importa – viene da ciò maggiormente stimolata, mentre un pensiero che è interessante trascina da sé il pensare. E’ preferibile eseguire questo esercizio di controllo dei pensieri concentrandosi su uno spillo piuttosto che su Napoleone. Ci si dice: “Parto ora da questo pensiero e di mia personale iniziativa gli associo tutto ci. che gli si può ricollegare obiettivamente”. Alla fine dell’esercizio quel pensiero deve permanere nell’anima altrettanto vivo e colorito che all’inizio. Bisogna eseguire questo esercizio ogni giorno, almeno per un mese. Si può ogni giorno scegliere un nuovo pensiero ma anche conservare lo stesso pensiero per diversi giorni. Alla fine di un esercizio di questo genere bisogna cercare di prendere pienamente coscienza del sentimento interiore di fermezza e sicurezza che la sottile attenzione portata alla nostra anima ci farà presto rilevare. Poi si terminal’esercizio immaginando la propria testa e la linea mediana della schiena, come se si volesse riversare questo sentimento in tali parti del corpo. SECONDO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL VOLERE O GIUSTA AZIONE Dopo essersi esercitati così per un mese circa, ci si ponga un ulteriore proposito. Si tenti di immaginare una qualsiasi azione, che secondo il corso abituale delle proprie occupazioni non ci si sarebbe certamente mai proposti di compiere. Di questa azione si faccia di per sé un dovere quotidiano. Come azione da eseguire sarà bene scegliersi un’azione che possa essere compiuta ogni giorno per una durata più lunga possibile. Anche qui è meglio cominciare con un’azione insignificante, che occorre, per così dire, sforzarsi di compiere: per esempio, ci si può proporre di andare ad innaffiare in un preciso momento del giorno una pianta che si èacquistata. Dopo un certo periodo, a questa prima azione se ne deve aggiungere una seconda, poi una terza, eccetera, sempre che il compimento di tutti gli altri doveri ne offri la possibilità. Anche quest’esercizio deve essere eseguito per un mese. Durante questo secondo mese, tuttavia, bisogna il più possibile perseverare nell’esecuzione del primo esercizio, pur non facendone un dovere quasi esclusivo come nel primo mese. Non bisogna perderlo di vista: altrimenti ci si accorgerebbe ben presto che i frutti del primo mese si sono persi e che è ricominciato il solito vagare dei pensieri non controllati. Una volta acquisiti questi frutti, bisogna pertanto badare a non perderli. Dopo aver fatto esperienza di una tale azione scelta di propria iniziativa e compiuta come secondo esercizio, si prenda coscienza, attraverso un’attenzione sottile, del sentimento di impulso interiore verso l’agire, destatosi nell’anima e lo si riversi, per così dire, nel proprio corpo in modo da farlo discendere o fluire dalla testa al cuore. TERZO ESERCIZIO: CONTROLLO DEL SENTIRE, CHIAMATO ANCHE IMPERTURBABILITA’ O EQUANIMITA’ OVVERO GIUSTO SENTIMENTO Il nuovo esercizio che va posto al centro della vita durante il terzo mese è l’educazione a una certa equanimità di fronte alle oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza; la contrapposizione “esultanti di gioia e tristi fino alla morte” deve far posto, attraverso uno sforzo cosciente, a un’equanimità dell’anima. Si faccia attenzione al fatto che nessuna gioia cifaccia perdere la testa, che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio, eccetera. Non si tema, con questo esercizio, di far inaridire o impoverire l’anima; si noterà, al contrario, che grazie a questo esercizio, al posto di ciò che di solito si avverte sorgono qualità pure; soprattutto, attraverso un’attenzione sottile, si potrà scoprire in sé, nel proprio corpo, una condizione di calma interiore; si riversa questa calma nell’ organismo – come nei due casi precedenti – facendola irraggiare dal cuore verso le mani, i piedi e infine la testa. E’ evidente che, riguardo a quest’ultimo caso, non si può far ciò dopo ogni esercizio, perché non si tratta in fondo di un esercizio isolato, bensì di una attenzione costante diretta verso la vita interiore. Occorre però, almeno una volta al giorno, evocare dinanzi all’anima questa calma interiore ed esercitarsi a riversare, a far fluire questo sentimento dal cuore verso le mani, poi i piedi, infine la testa. Si continuerà a eseguire il primo e il secondo esercizio durante il terzo mese, come si è continuato il primo esercizio nel secondo mese. QUARTO ESERCIZIO: POSITIVITA’, CHIAMATA ANCHE TOLLERANZA O INDULGENZA OVVERO GIUSTO GIUDIZIO Nel quarto mese occorre seguire come nuovo esercizio quello chiamato “della positività”. Esso consiste nel ricercare costantemente in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che di buono, di bello, di eccellente vi è contenuto. Ciò che meglio definisce questa qualità dell’anima è una leggenda persiana sul Cristo Gesù. Camminava lungo una via con i suoi discepoli, quando videro sul ciglio della strada, il cadavere di un cane in uno stato già avanzato di decomposizione. Di fronte a quel raccapricciante spettacolo i discepoli volsero lo sguardo dall’altra parte; solo il Cristo si fermò, guardò il cane con aria pensosa e disse: “Che bei denti aveva questo animale!”. Dove gli altri avevano visto soltanto una realtà ripugnante e sgradevole, egli vedeva il bello. Così il discepolo dell’esoterismo deve sforzarsi di cercare in ogni fenomeno e in ogni essere ciò che vi è di positivo. Noterà ben presto che sotto la coltre della ripugnanza si nasconde una certa bellezza; che sotto le sembianze di un criminale si nasconde qualcosa di buono; sotto le sembianze di un pazzo si cela in qualche modo un’anima divina. Questo esercizio si accostaa ciò che si chiama “astenersi dalla critica”. Non bisogna interpretare ciò come se si dovesse denominare nero il bianco e bianco il nero. Ma c’è una differenza tra un giudizio che nasce soltanto dalla reazione personale o dall’impressione personale di simpatia o antipatia e una tutt’altra attitudine secondo la quale ci si immerge con amore nel fenomeno o nell’essere che ci è dinanzi, chiedendosi ogni volta:”Com’è giunto a essere ciò che è, a fare quel che ha fatto?”. Questa attitudine spinge, del tutto spontaneamente, a sforzarsi di aiutare ciò che è imperfetto, piuttosto che biasimarlo o criticarlo soltanto. E’ priva di valore l’obiezione che, in moltecircostanze della vita umana, è necessario biasimare e giudicare, perché inogni caso queste condizioni di vita sono tali da impedire di seguire una vera disciplina occulta. Esistono, in effetti, numerose condizioni di vita che non consentono di seguire correttamente questa disciplina. In questo caso non bisogna voler conseguire con impazienza, nonostante tutto, queiprogressi che si possono realizzare soltanto in certe condizioni. Chiunqueabbia rivolto per un intero mese la sua attenzione al lato positivo di tuttociò che incontra noterà a poco a poco che nella sua interiorità affiora un sentimento che gli dà l’impressione che la sua pelle divenga permeabile in tutte le direzioni e che la sua anima si apra vastamente a tutti quei fatti segreti e sottili che gli si svolgono attorno e che prima fuggivano del tutto alla sua attenzione. Si tratta proprio di combattere contro la mancanza di attenzione che esiste in tutti di fronte a questi fatti sottili. Una volta osservato che questo sentimento si manifesta nell’anima sotto forma di felicità, si cerchi di dirigere questo sentimento, come fosse un pensiero, verso il cuore, di farlo fluire di là verso gli occhi e da questi ultimi verso l’esterno, nello spazio di fronte a sé e attorno a sé. Si noterà che si acquista così un’intima relazione con lo spazio. Si va oltre se stessi, ci si dilata, per così dire. 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